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Sinner giocava a calcio, non passò la palla e suo padre che era l’allenatore lo sostituì

Il Giornale: ha una dote oggi non di moda: l’equilibrio. Oggi l’importante è esagerare. È figlio di un’Italia nascosta ma che esiste

Sinner giocava a calcio, non passò la palla e suo padre che era l’allenatore lo sostituì
Italy's Jannik Sinner celebrates after victory against Russia's Daniil Medvedev during their men's singles final match on day 15 of the Australian Open tennis tournament in Melbourne on January 28, 2024. (Photo by WILLIAM WEST / AFP) / -- IMAGE RESTRICTED TO EDITORIAL USE - STRICTLY NO COMMERCIAL USE --

Sinner giocava a calcio, non passò la palla e suo padre che era l’allenatore lo sostituì. Lo racconta Vittorio Macioce nel bel pezzo che ha scritto per Il Giornale su Jannik Sinner.

È piantato. Non perde il baricentro. È uno dei suoi segreti, l’equilibrio. È qualcosa di cui spesso si sente la mancanza. L’equilibrio non è una virtù tanto di moda, perché l’importante è esagerare. È essere contro. È trovare qualcuno a cui opporsi per definire la propria identità. Io sono ciò che odio.

Sinner le poche volte in cui si è lamentato, con una smorfia di rabbia o di fastidio, poi si è vergognato. Non è questo che gli hanno insegnato in famiglia. Il lavoro è sacro. Non ci si piange addosso. Non si cercano scuse. Non ci si rifugia in qualche alibi facile o stupido. Quello che fai dipende da te. Il talento è un dono, tutto il resto è fatica.

È l’etica di chi viene dal confine, brava gente di piccoli paesi, con la dignità del lavoro e l’ambizione onesta di sognare in grande. Non lo dici a alta voce, quasi lo sussurri a te stesso, ma dentro di te sai che quel figlio può andare lontano. Lo cresci con l’esempio. Sinner da ragazzo giocava a calcio nella squadra del suo paese. L’allenatore era il padre. Jannik non passa una palla a un suo compagno e Hanspeter lo sostituisce. Non serve spiegare perché. Questa Italia esiste e spesso è nascosta. È ovunque, ma non la trovi illuminata sulla carta geografica. È vera e non si sbraccia… Qualche volta parla tedesco. 

Sinner e l’intervista a La Stampa

Jannik, la sua dedica è forse la più bella di sempre: «Auguro a tutti i bambini di avere la libertà che ho avuto io». Ce la spiega meglio?

Sinner: «La pressione è sempre un privilegio, ma non è sempre semplice gestirla se viene da chi ti è vicino. Io ho avuto fortuna che i miei genitori non mi hanno mai pressato, non mi hanno mai chiesto di diventare forte, e questo probabilmente è il motivo principale per cui sono qui oggi. Il successo arriva se lavori tanto, se ci credi. I miei non li vedo spesso, ma sono i genitori ideali, così ho aspettato una occasione speciale per far sentire speciali anche loro, che non amano tanto comparire. Credo di aver fatto una cosa carina».

«Per un genitore accettare che un figlio vada lontano di casa a 13 anni non è facile. Tante cose belle te le perdi. Io sono dovuto crescere in fretta, lavandomi la roba da solo, cucinando, andando a fare la spesa. Piano piano qualcosa sto recuperando, mio papà ora viene a qualche torneo. Però il grosso è andato».

Ora però c’è da gestire anche l’enorme popolarità extrasportiva: preoccupato?

«No, perché la prima cosa per me resta sempre il tennis, non ho intenzione di cambiare i miei piani. Qualche giorno di riposo, poi si ricomincia. Certo mi fa piacere che la gente mi segua, è stato importantissimo sapere che in tanti sono stati davanti alla tv. Ma non è che da domani la mia vita cambierà per questo».

La vogliono a Sanremo: ci va, non ci va?

«Non lo so, non ne ho idea. Conoscendomi, non ci vado… Ballare, cantare, non sono cose che fanno per me..».

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