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Il figlio di Carla Fracci: «In Giappone la chiamano Fracchi, cominciai a farlo anche io»

Al Corsera: «Al funerale, quando il tram passò davanti alla Scala, dove c’era la camera ardente, fu suonato il campanello. Era quello che faceva mio nonno tranviere, quando passava davanti al teatro e sapeva che mamma era in sala prove».

Il figlio di Carla Fracci: «In Giappone la chiamano Fracchi, cominciai a farlo anche io»
Db Milano 07/12/2018 - prima Teatro alla Scala / foto Daniele Buffa/Image nella foto: Carla Fracci-Beppe Menegatti

Il Corriere della Sera fa oggi un ritratto di Carla Fracci, a più di due anni dalla sua scomparsa, attraverso le parole del figlio Francesco Menegatti. Il suo primo ricordo riguarda la camera da letto della mamma

«Era il suo regno inscalfibile. Lì entravano i massaggiatori e i fisioterapisti. Il letto diventava l’officina di mamma. Faceva la manutenzione del corpo, se ne riappropriava dopo gli spettacoli. Nella sua stanza c’era un clima di invalicabilità, era il luogo segreto del castello. Ricordo l’angolo in cui si truccava. Mamma era trincerata idealmente in un’oasi di pace, era un luogo inespugnabile, aveva una sua sacralità. È stato così fino all’ultimo».

Per suo figlio la Fracci era una donna autorevole ma mai autoritaria, accogliente,

«L’unica occasione in cui perse le staffe e l’aplomb fu con l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. Lei era direttrice del ballo all’Opera di Roma, lo incontrò a teatro e gli urlò: è un anno che le chiedo di ricevermi, sono una cittadina e lei ha il dovere di ascoltarmi. Striscia le diede il Tapiro. La quotidianità la esprimeva nell’ordine. Era puntigliosa. Quando apparecchiava la tavola c’era un che di remoto: la sua infanzia che veniva fuori. Metteva il mollettone per la tovaglia, i sottobicchieri, il centrino. Ho visto fugaci tentativi di cucinare. Non era roba sua».

Carla Fracci onnivora

«Sembrava non vi facesse attenzione, invece era onnivora. Mangiava poco di tutto. Non rinunciava mai al caffè. A Natale il panettone rigorosamente senza canditi e uvetta»

Francesco ricorda le tournée inc ui sua mamma lo portava con sé e sorride ripensando a quelle in Giappone

«Perché i giapponesi non riuscivano a pronunciare il suo cognome. La chiamavano Fracchi, io da allora presi a chiamarla così, Fracchi».

Il ricordo più struggente, l’ultimo

«Al funerale, quando il tram passò davanti alla Scala (nel foyer era allestita la camera ardente), fu suonato il campanello. L’ultimo omaggio all’étoile. Era quello che faceva mio nonno tranviere, quando passava davanti al teatro e sapeva che mamma era in sala prove».

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