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Meneghin: «Io, Panatta, Moser… eravamo liberi. I bambini di oggi l’aria aperta non sanno cos’è»

A La Stampa: “Negli anni ottanta ero a Milano, una goduria. Ma quando si riempivano le discoteche io andavo a dormire…”

Meneghin: «Io, Panatta, Moser… eravamo liberi. I bambini di oggi l’aria aperta non sanno cos’è»
Db Torino 04/07/2016 - Basket / Torneo di qualificazione Olimpica FIBA 2016 / Turchia-Italia / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Dino Meneghin

Dino Meneghin ha 74 anni anni. Ne ha passati 44 a fare il campione d’un basket in cui esistevano i pivot che non sapevano tirare da tre. Era un’altra era geologica, dello sport e anche della società. E intervistato dalla Stampa ricorda la fortuna d’essere un figlio del dopoguerra: “Sono venuto grande all’aria aperta. Ho avuto la fortuna di crescere tra i monti, con mio fratello andavo nei boschi, su e giù dagli alberi, giocavamo in riva al Piave. Ma vai a raccontarlo ai ragazzi di oggi che cos’è l’aria aperta. Non lo sanno. E quelli che la cercano nelle città non la trovano, non hanno spazi i giovani per sfogarsi. Così nascono l’obesità e il bullismo. Hanno fatto diventare gli E-games sport olimpico: sarà una rovina“.

Lui, Simeoni, Moser, Thoeni, Panatta. I nati negli anni Cinquanta: “Siamo i figli del Dopoguerra, c’era una voglia da parte di tutti i genitori di cambiare. Era la libertà. Il talento ce l’ha dato il Signore, ma senza il lavoro, e senza un buon allenatore che ci capisse anche nella vita privata, non saremmo arrivati da nessuna parte: sapesse quanti talenti ho visto perdersi per strada”.

“Ho vissuto gli anni Cinquanta e Sessanta con molta leggerezza. Cancellerei i Settanta, i morti, i rapimenti, le contestazioni: la gente aveva paura ad uscire di casa. Negli anni ottanta ero a Milano, una goduria. Si tornava a vivere. Se avessi avuto il tempo e le forza mi sarei divertito molto. A mezzanotte le discoteche si riempivano, noi invece andavamo a dormire a quell’ora”.

Per Meneghin il tiro da 3 nel basket è stata “una rivoluzione. E non sempre positiva. Ha trasformato il basket in una partita di hockey su ghiaccio, corri e tira. E cancellato i ruoli come il mio, il pivot non esiste più. Oggi farei la guardia alta”. Wembanyama è un “fenomeno. Si muove con una leggerezza mai vista, dopo Antetokounmpo ha spostato i limiti ancora più in alto. Mi sembra inarrivabile se non tra 30 anni quando gli africani mostreranno tutto il loro potenziale”.

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