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Zirkzee: «Non è stato facile per mia mamma portarmi agli allenamenti mentre mio padre lavorava»

A Sportweek: «In Olanda ci sono ovunque campetti di quartiere. Lì devi essere furbo, devi ingegnarti per battere i più forti»

Zirkzee: «Non è stato facile per mia mamma portarmi agli allenamenti mentre mio padre lavorava»
Bologna's Dutch forward #09 Joshua Zirkzee celebrates after scoring the team's second goal during the Italian Serie A football match between Inter Milan and Bologna at The San Siro Stadium in Milan on October 7, 2023. (Photo by GABRIEL BOUYS / AFP)

Joshua Zirkzee è il giovane bomber del Bologna che sta trascinando i suoi verso l’Europa. Contro la Lazio altra prestazione sublime dell’attaccante ex Bayern. Sportweek lo ha intervistato chiedendogli qualcosa sul suo passato.

Il suo secondo nome è “Orobosa”, in nigeriano significa “il destino è nelle mani di Dio”

Il suo secondo nome è “Orobosa”, in nigeriano significa “il destino è nelle mani di Dio”:
«È il secondo nome che ha scelto per me mia madre. La risposta è sì, è bello vivere sapendo che la tua vita è nelle mani di Dio. Non c’è bisogno di preoccuparsi troppo: se Dio lo vuole, le cose che desideri ti accadranno. Altrimenti, significa che ha qualcos’altro in mente per te. Penso sempre che Dio
abbia un piano per me, che tutto succeda per un motivo, anche se chiaramente è anche in tuo potere trarre qualcosa dalle abilità che ti sono state donate. Io sono fortunato ad essere in salute, ad avere le gambe e il corpo che ho. Ne sono grato. Sono anche fortunato perché credo mi sia stato donato un talento per il calcio».

Quanto è importante il calcio di strada?
«In Olanda ci sono ovunque campetti di quartiere, i Cruijff Courts. In tutti i quartieri c’è una zona dedicata a giocare. Da piccolo, tutte le domeniche ci si ritrovava lì per farlo. Giocare “per strada” è importante per un giovane, ti fa crescere. Impari a giocare dovendoti proteggere, devi essere furbo, devi ingegnarti per battere ragazzi fisicamente più forti. Il modo in cui gioco oggi è merito in gran parte della strada, è lì che nasce la creatività ed è anche un valore che rappresenta i Paesi Bassi».

Come descriverebbero i tuoi genitori il Joshua Zirkzee ragazzino?
«Cocciuto. E divertente, lo sono sempre stato. Anche molto energico. Li ho fatti un po’ dannare: sono il primo a giocare a calcio nella mia famiglia, ero ossessionato, quindi si sono dovuti adattare. Ma non è stato facile. Per mia mamma, portarmi agli allenamenti mentre mio padre lavorava non era semplice: veniva a prendermi a scuola, tornavamo a casa tardi, e nel mentre si prendeva
cura della casa. Alla fine ne è valsa la pena, però».

A 16 anni, lascia l’amata Olanda per andare al Bayern:
«Non consiglierei a un giovane di andarsene da casa, ma nemmeno di rimanere per forza. Quando sono andato al Bayern, ero convinto al 100% e i miei genitori erano d’accordo. Mi ricordo che solo dopo due settimane ho realizzato la decisione che avevo preso. Ero lì senza i miei, mi lavavo i vestiti da solo, stavo con i miei compagni e sentivo la famiglia solo al telefono. Mi sono detto: “Sono veramente qui”. Ma i miei non mi hanno lasciato mai solo, e in ogni caso mentirei se dicessi che è stata dura: al Bayern Campus ci coccolavano, sono stato molto felice».

Oggi è a Bologna. Come si trova Zirkzee?
«A Bologna mi trovo molto bene. Vivo in un posto tranquillo dove le persone sono rispettose. Ogni tanto i bambini dei vicini vengono a bussarmi alla porta, che comunque fa ridere, ma a parte questo mi lasciano sereno, riesco a portare fuori il mio cane, un bracco di Weimar, senza essere disturbato. Mi è sempre piaciuto vivere in posti tranquilli, mi basta che ci sia un buon wifi per la mia Play. Bologna l’ho vista quasi tutta, comunque, anche se in centro devo camminare con il cappuccio per colpa dei miei capelli… è dura passare inosservato. I bolognesi sono comunque molto rispettosi».

I sogni nel cassetto di Zirkzee?
«Il mio sogno principale è giocare con la mia nazionale in una grande manifestazione, al di là dei trofei che si possono vincere è una delle sensazioni più speciali che il calcio ti possa regalare. È uno dei sogni per cui prega il bambino che è in me».

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