Giocare senza tenere conto dell’avversario può piacere agli ideologizzati, meno ai presidenti come Laporta cui Guardiola ha sponsorizzato De Zerbi per il Barcellona
Roberto De Zerbi è una brava persona. La premessa è d’obbligo. Ed è un fenomeno culturale ancor più che calcistico. Un generatore di proselitismo, qualcuno direbbe alla Zeman. Ma senza avere il fascino socio-culturale-di-denuncia del boemo. De Zerbi gioca il calcio contemporaneo. Quello che piace tanto soprattutto alla generazione che è cresciuta in una società priva di riferimenti politici. Non hanno vissuto gli anni di piombo ma nemmeno la Pantera universitaria. Niente. E poiché a un certa età hai bisogno di ideologie, e non hai alcun possibilità di ritrovarle a livello politico, ti rifugi (in questo caso) nel calcio. Un bel po’ di adepti di Zerbi si eccitano fisicamente con le costruzioni del basso, le azioni con uno massimo due tocchi, che a loro dire disegnano sul terreno di gioco figure geometriche mai viste prima.
In un simile contesto culturale, per gli adepti di De Zerbi il risultato è un orpello, quasi un insulto. Un voler sporcare l’ideologia con la mediocrità del risultato. Loro sono felici a prescindere. Ma, attenti, il proselitismo di De Zerbi attecchisce a ogni livello. Pep Guardiola ha fatto il suo nome a Laporta per la panchina del Barcellona. Il quale Laporta stasera guardando Roma-Brighton finita 4-0 avrà pensato: “povero Pep, è andato”.
Ora a calcio si può giocare in ogni modo, siamo d’accordo. E seppure se De Zerbi quando parla, dice anche cose interessanti, pensiamo che l’integralismo sia sempre sinonimo di ottusità. Se al tuo difensore inculchi l’idea che la palla non va mai buttata in fallo laterale, può succedere che sbagli lo stop e regali a Lukaku il più comodo degli assist. Ha anche l’alibi degli infortunati ma in una stagione succede.
Ora si dirà: ma De Zerbi il risultato lo ha raggiunto, lo scorso anno è arrivato sesto in Premier. È vero. E ha tanti meriti. Ma nessuno ricorda che ha ereditato una macchina perfetta che era al terzo posto dopo sei giornate di Premier League. Al punto che l’allenatore Potter (che aveva creato il Brighton macchina perfetta) lasciò perché chiamato dal Chelsea (dove poi naufragò). De Zerbi ha fatto bene ma non ha preso in corsa una squadra senza né capo né coda. Tutt’altro. Il Brighton era già una squadra che giocava a memoria.
La prima stagione è andata bene. Molto bene. Sesto posto ed esordio nelle coppe europee. La seconda stagione non è andata bene come la prima, almeno fin qui. Nono posto in Premier League, con un punto di vantaggio sui Wolves e quattro sul Fulham, tanto per fare due esempi. Da stasera ha un piede e tre quarti fuori dall’Europa, letteralmente preso a pallonate dalla Roma di De Rossi che da quando è approdato in panchina le ha vinte tutte tranne quella con l’Inter. È quinto in campionato ed è praticamentee ai quarti di finale. Ora la domanda sorge spontanea: ma perché al Barcellona dovrebbe andarci De Zerbi e non De Rossi?
Ci spiace riportare il calcio a quelle zozzeria dei risultati ma Guardiola è Guardiola perché il suo Barcellona ha vinto tutto. E in qualche caso ha vinto anche grazie ad arbitraggi molto discutibili, come quello di Ovrebo in semifinale di Champions contro il Chelsea. E anche sulla macchina perfetta Manchester City incombe la macchia di aver truccato la competizione. Per ora è un sospetto, un’accusa. Ma il mito di Guardiola è intoccabile. E lo è perché ha vinto.
De Zerbi giocherà pure un calcio che piace agli orfani del Settantasette ma il calcio resta uno sport. E lo sport a livello agonistico non può prescindere dall’avversario e dall’intelligenza di adattarsi alle caratteristiche del tuo rivale. Altrimenti si chiamano esibizioni. Ch pure piacciono tanto, come ad esempio gli Harlem Globetrotters. De Zerbi può anche diventare un grande allenatore ma a nostro avviso stasera Laporta avrà disegnato un grosso punto interrogativo sul suo volto. I grandi club hanno ancora il brutto vizio di voler vincere. Sono quelle miserie culturali di cui un giorno – forse – ci libereremo.