Sono “cose di campo”, in realtà sono scene penose, poi si abbracciano in tv e vorrebbero pure avere valore educativo
Sono cose di campo. Se ci pensate un attimo è lo stesso paradigma che rende ammissibile qualunque sconcezza purché avvenga nel recinto d’una curva. Fa niente che quelli “in campo”, giocatori allenatori e dirigenti tutti fieramente “professionisti”, sono per dovere – a volte per costrizione – gli stessi che stigmatizzano i tafferugli, i cori razzisti, il lancio di motorini e tutta quella roba “che non vorremmo mai vedere in un stadio di calcio”. Per cui se Juric vuole sgozzare Italiano, con tanto di minaccia verbale e gesto didascalico, noi dobbiamo smetterla di pensar male, educande che non siamo altro: “ti taglio la gola” ma si fa per dire, “siamo amici”, “ho esagerato e chiedo scusa ma non prometto niente per la prossima volta”. E’ platonico che si finisca tutti a riderne come in taverna, un po’ alticci, si chiudevano le serate con una bella scazzottata da veri uomini, prima di tornare a casa a dare il resto alle femmine.
Va chiarito che il contesto sintattico che l’allenatore del Torino trasferisce alle tv nel successivo finto pentimento è proprio questo: “Sono cose che fai con l’adrenalina a mille, litighi su cose che non dovrebbero portarti a litigare. Ma Italiano è un amico, c’era tanta tensione, succede e si va avanti”. Perché loro sono la gente del pallone, essere umani ruvidi, dalla pellaccia acrilica, che fondamentalmente se ne sbattono di tutto un po’. Lo sgozzamento peraltro, argomenta Juric, fa parte degli usi e costumi della sua terra: “Sono dei Balcani”, è colpa del “sangue“.
Al di là della patina, delle paillettes, e dei miliardi che finanziano il tutto, anche ai massimi livelli il calcio è ancora quello di Landucci – vice di Allegri alla Juve – che l’anno scorso urlò a Spalletti “ti mangio il cuore, pelato di merda”. Al confronto un tagliagole è persona sobria, composta. Non l’abbiamo dimenticato Totò Schillaci che a Poli, Bologna-Juventus 1990, disse “ti faccio sparare”. Poli, pare, gli aveva sputato in faccia. E allora il giudice sportivo diede due giornate di squalifica a Poli, e una a Schillaci.
Ha tutto una sua logica, l’ha sempre avuta. Se non capite è perché di calcio non sapete niente. O non considerate il perimetro, le regole di ingaggio, la misura dei rapporti. Infatti, come s’è chiusa la vicenda Juric-Italiano? Con Italiano che, da amicone comprensivo qual è, ha invaso l’intervista di Juric per disinnescare con due pacche sulle spalle e una reprimenda sul messaggio che i cattivi giornalisti non sanno veicolare: “Questa è l’immagine che deve circolare, perché ci sono tante polemiche e situazioni negative, questo deve essere uno spot per i prossimi giorni”. Capito? A voi studio.
Non contento, Juric – invece di chinare il capo ed affrontare la vergogna di quel che aveva fatto, tra adulti si fa così – col piglio orgoglioso dello slavo iracondo per cliché risponde così alla domanda del povero Paolo Aghemo di Sky: “Invece di fare domande polemiche parlerei di un grande Torino. Che contro la Lazio ha creato 7 palle gol, la Lazio non ha passato la metà campo, c’è poca conoscenza del calcio da parte tua“.
La domanda corrosiva dell’inviato era questa: “Avete ritrovato, rispetto alle ultime due, spirito e solidità”. Manco il punto interrogativo, quanta presunzione, come si permette? E invece tempo 3 minuti Juric si scusa pure con lui: “Siamo amici”.
Strano che Juric non abbia azzannato alla carotide Aghemo, lì sul posto. Sai… l’adrenalina, il campo, i Balcani. Tra amici si fa così. Che ne sappiamo noi.