È ancora subissato di critiche, lui che ha riportato lo scudetto a Napoli. È sempre stato riconoscente, anche con un rinnovo che conveniva soprattutto al club
Cagliari, Barcellona, Sassuolo: cinque degli otto gol che il Napoli di Calzona ha realizzato in tre partite portano un nome e un cognome: Victor James Osimhen. Il propellente nucleare che ha rimesso finalmente in movimento l’apatico attacco del Napoli, se ancora qualcuno avesse qualche dubbio, ha un nome ed un cognome: Victor James Osimhen. Un fuoriclasse assoluto che averlo o non averlo cambia tutto o quasi. Uno che da queste parti, per motivi incomprensibili, sembra avere sempre qualcosa da dimostrare a qualcuno.
Lo scrivemmo già oltre un anno fa: non è vera – non è mai stata vera – la luna di miele propagandata dalla narrazione mainstream tra Osimhen e una parte piuttosto consistente dell’ambiente Napoli. Da queste parti c’è ancora chi sostiene, nonostante i successi del nigeriano, che non sappia stoppare il pallone. Lo scudetto conquistato da protagonista assoluto non ha cambiato le cose: è ancora tutto un «sì, ma». Sì, ma non è un campione. Sì, ma salta troppe partite (come se essere africano o aver subito infortuni per lo più traumatici fosse una colpa da espiare). Sì, tre gol con il Sassuolo ma le partite contro le big se le guarda (!?). Sì, ma il suo comportamento fuori dal campo è discutibile e le sue dichiarazioni sono inopportune . È complicato comprendere il motivo di questa antipatia, andrebbero fatte ricerche antropologiche. Forse è semplicemente che a Napoli chi vince dà fastidio. Che piacciono solo quelli belli ma perdenti. È un’ipotesi, non è detto sia la verità.
Sta di fatto che in qualunque altra parte del mondo uno che ti riporta a vincere dopo trentatré anni ed arriva nei primi dieci al Pallone d’oro – il primo nella storia recente degli azzurri – se lo coccolerebbero, lo difenderebbero col coltello tra i denti. Qui no, qui non funziona così. Eppure, che stoppi o non stoppi il pallone con la grazia da ballerina che piace ai palati fini del Maradona (orfani permanenti del bel giuoco), Osimhen è quello della zampata decisiva di Udine che ha regalato al Napoli la notte più importante del ventennio targato De Laurentiis. Non quella belva di Cavani, giustamente ricordato con piacere (sempre perché la memoria è selettiva, perché anche a Cavani venne fatta una colpa del suo desiderio di andare altrove); non Higuaìn, che è stato sicuramente il più raffinato 9 passato per Napoli; neanche l’amatissimo Ciro Mertens. Non ha vinto lo scudetto nessuno dei tre a Napoli. L’ha fatto Victor, l’uomo mascherato di Lagos. Ottavo al Pallone d’oro, quarto al Fifa World Player ci è arrivato Victor, non altri. Ad essere il calciatore più prestigioso del suo continente ci è arrivato Victor, non altri.
Negli ultimi mesi ne abbiamo sentite di tutti i colori: che avesse la testa altrove, che una volta tornato dalla Coppa d’Africa si sarebbe tirato la gamba in attesa di trovare acquirenti in estate. Evidentemente questi anni (e tutti i successi di questi anni) non sono bastati a comprendere di che pasta è fatto Victor. Osimhen è alta tensione, sempre. Negli ultimi 270 minuti l’ha soltanto dimostrato per l’ennesima volta. Al di là della retorica, è uno che la gamba non se la tirerebbe neanche in un’amichevole in un campetto di periferia di Lagos. La sua forza è questa, ed è una forza tutta nervi: quando salta più in alto di tutti, quando raggiunge picchi di velocità sconosciuti all’essere umano, quando segna di rapina, quando alza di 30 metri con il suo movimento perpetuo il baricentro ed il pressing di tutta la squadra. Osimhen è questo, esuberanza. Atletica, fisica, tecnica. E anche mentale. Con Osimhen si acquista tutto il pacchetto. Coi colpi di testa è il migliore, dentro ma anche fuori dal campo. E tuttavia non è qualche dichiarazione o atteggiamento rivedibile (e quest’anno gestito male, malissimo, dalla società) a poter cambiare l’evidenza, e cioè che Osimhen è uno che ti fa vincere le partite e i campionati. Punto e basta. E quelli che ti fanno vincere le partite ed i campionati, postino o cancellino le foto sui social, è meglio averli dalla propria parte.
Un’ultima nota, a margine. Sempre per chi contesta l’atteggiamento di Victor. Osimhen ha accettato un rinnovo che è convenuto più al Napoli che a lui. Tropp’ omm, per dirla alla napoletana. Lui – altro che Zielinski – in estate aveva la fila. L’estate prossima, con un solo anno di contratto, l’avrebbero voluto praticamente tutte le migliori squadre in cerca di punte. E col prezzo del cartellino più basso, avrebbero potuto anche spingersi ancor più su di quanto faranno quest’estate con l’ingaggio. De Laurentiis sarebbe stato costretto a venderlo a cifre sicuramente più basse di quella che incasserà a giugno. Poteva finire male, insomma. Sarebbe stata la legge del mercato, ed anche in questo caso ci sarebbe stato poco da dire. Sarebbe stato comunque legittimo. E invece Osi la gratitudine al Napoli l’ha dimostrata coi fatti. E se – come pare certo – saranno solo ancora pochi mesi, è assicurato che saranno tre mesi a mille all’ora. Perché Osimhen è uno che va a mille all’ora. Sempre. E trovare un sostituto degno sarà sfida dura, durissima.