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Scherma, presunto stupro di gruppo: eroina nell’urina della 17enne e un messaggio dei ragazzi: “tutto bene?”

Il Corsera ricostruisce le indagini. Per la Procura non c’erano i requisiti per procedere. Di parere opposto l’avvocato della ragazza

Scherma, presunto stupro di gruppo: eroina nell’urina della 17enne e un messaggio dei ragazzi: “tutto bene?”
Db Milano 26/07/2023 - Campionati Mondiali di Scherma / foto Daniele Buffa/Image Sport

Il Corriere della Sera prova a ricostruire il caso e le indagini sull’accusa lanciata da una schermitrice dell’Uzbekistan che, lo scorso agosto, quando aveva 17 anni, aveva denunciato tre atleti, un milanese di 18 anni, un foggiano di 20 e un minorenne, accusandoli di violenza sessuale di gruppo nella stanza di un hotel di Chianciano Terme (Siena) dove le squadre erano in ritiro.

Sono di questi giorni le dichiarazioni del legale della ragazza che ha richiesto la revoca delle indagini alla Procura generale di Firenze perché, a suo dire, il caso non era stato trattato come un codice rosso. Il Corsera parte con il resoconto proprio dal 5 agosto, quando i carabinieri allertano il magistrato del presunto caso di stupro. I tre presunti colpevoli finiscono nel registro degli indagati e la magistratura sequestra i loro telefoni e le immagini delle telecamere di sorveglianza dell’hotel.

“La polizia acquisisce i referti medici nei due ospedali romani dove si è presentata la ragazza: nelle urine viene trovata traccia di droga, eroina”.

La ragazza era stata poi ascoltata dalla Mobile di Roma, come riportato dagli atti, il 9 agosto.

“Il giorno dopo l’audizione — vale a dire il 10 agosto — la Procura ordina alla polizia capitolina di sequestrare il cellulare alla ragazza. C’è un messaggio di uno dei tre gio- vani coinvolti: «Tutto bene?»”.

Nel corso delle indagini la Procura «ha valutato di non procedere con richiesta di applicazione di misura cautelare nei confronti degli indagati non ravvisandone i presupposti», chiosa il procuratore capo Andrea Boni. La Federscherma e la Procura federale, che più volte hanno chiamato la Procura, lo hanno fatto a vuoto solo perché «è stata rappresentata più volte l’impossibilità di comunicazioni formali in pendenza di indagini preliminari», conclude il procuratore Boni.

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