Chiné avrebbe potuto organizzarlo su Zoom. L’annuncio dell’abbraccio di Gravina ad Acerbi è la degna conclusione di questa farsesca vicenda
Carissimo Napolista, vedo che il caso Acerbi si concluderà ufficialmente, addirittura, con l’abbraccio del presidente Figc Gravina ad Acerbi – per fortuna almeno il ministro Abodi mostra un po’ di scetticismo e un sussulto di dignità davanti all’obbrobrio del dispositivo del pompiere Mastrandrea – abbraccio che appare una magistrale ipocrisia degna di tutta questa farsesca vicenda. Chi sperava che almeno Gravina mettesse una pezza allo sbrego sul fondo dei calzoncini della giustizia sportiva è servito.
Se mi posso permettere, lì dove casca l’asino e dove si dimostra che l’intera inchiesta sia stata istruita senza grande volontà di cercare la colpevolezza di Acerbi, è il fatto che il procuratore della Federcalcio Chiné, appurato che le posizioni di Acerbi e Juan Jesus erano pressoché paritarie – la parola mia contro la tua – non si curi minimamente di mettere i due protagonisti a confronto diretto uno davanti all’altro. Anche solo via Zoom. Ma anzi li interroga in maniera separata e in condizioni molto diverse: Acerbi è assistito da Marotta e un avvocato, Juan Jesus completamente solo. Altro che confronto.
Un confronto testa a testa non è un qualcosa che si vede solo nelle serie di Law&Order o nei vecchi telefilm di Perry Mason è un normalissimo strumento che un inquirente ha a disposizione. E che probabilmente avrebbe messo sotto ben altra luce, dal punto di vista giudiziale e disciplinare, tutta questa storia. Che probabilmente sarebbe finita in maniera diversa, e non certo con un abbraccio di Gravina ad Acerbi. Sarebbe bastato volerlo.
Del resto di che ci stiamo a preoccupare, il razzismo nel calcio non esiste.
Un cordiale saluto,
Fabrizio Bocca