“La forma dell’acqua” torna in libreria con una fascetta celebrativa. Camilleri aveva già in testa la caratterizzazione dell’Italia
Trent’anni fa il primo Montalbano di Camilleri
Mi manca molto Andrea Camilleri… Oggi ho riletto “La forma dell’acqua” (pagg. 184, euro 12; Sellerio) che compie 30 anni – e la casa editrice palermitana lo rimanda in libreria con una fascetta celebrativa -, perché é il primo Montalbano narrativo. Vi consiglio di rileggerlo per vedere la grandezza di questo scrittore che inventa un personaggio, una lingua ed un’atmosfera unici. Ma anche per capire come già trent’anni fa l’uomo di Porto Empedocle avesse già in testa la caratterizzazione di un Paese che in questo lasso temporale è peggiorato ancora di più.
Non c’era Catarella nel primo Montalbano – il suo vice Mimí Augello comparisce di soppiatto all’ultimo – ; Fazio era ancora brigadiere. Ma c’era già Livia, la sua zita genovese che abita a Boccadasse ed anche la sua “amica svidisa” Ingrid che nella prima storia viene ad essere il capro espiatorio di un concertato “sfunnapedi” politico a cui Montalbano non abbocca. La lingua ancora indugiava tra l’italiano ed il suo dialetto, un po’ impaurito – l’autore – che il lettore non potesse seguirlo si attardava nella spiegazione dei termini vernacolari: dopo un po’ diverranno familiari a tutti.
C’era già Jacomuzzi, lo “sproloquiatore” della Scientifica, e il dottore Pasquano – il coroner – era già perfettamente strutturato. Salvo Montalbano era già quella “capa fina” che ordina “sfunnapedi”, ed il paesaggio della fantasia Vigata-Montelusa era un’area territoriale convincente. Nella parte finale c’è anche una nota dell’autore – del 2008 – che funge da interpretazione autentica della nascita del personaggio, dei modelli narrativi che gli diedero l’input ed anche del perché della scelta del genere giallo. L’invenzione di Montalbano è un’elaborazione culturale di un fine lettore e di un uomo di televisione.