«Ad ogni abbraccio in campo, Maradona mi sussurrava nell’orecchio di andare a Napoli. C’era grande stima e rispetto»

IL Corriere della Sera intervista oggi Bruno Conti. Il suo esordio in Serie A 50 anni fa. Dopo l’addio al calcio ha continuato a lavorare con la sua Roma e con i ragazzi
Se oggi deve spiegare a un ragazzino che cos’è il professionismo, che parole usa?
«Il problema è spiegarlo ai suoi genitori. Noi siamo cresciuti in strada, pensando solo a divertirci. Oggi se a 11 anni un bambino viene selezionato c’è un’esasperazione incredibile, si pensa solo al risultato, a litigare e a sovrastare gli altri, invece di far capire poche cose, ma con chiarezza».
Quali?
«L’importanza della scuola, prima di tutto. Poi che il calcio e lo sport vanno vissuti come divertimento. Se uno è bravo, arriva. Io sono stato bocciato a diversi provini, ma non mi pesava e il giorno dopo ero a giocare con gli amici».
Ricorda il suo primo provino con Helenio Herrera.
«Scrisse che ero bravo tecnicamente ma che fisicamente non potevo giocare a calcio. Non fu l’unico a dirlo, ma non ho mai mollato. E come dico sempre ai più giovani, ho sempre pensato a divertirmi»
E i Mondiali dell’82 e quando cercarono di annegare Bearzot
«Era sempre cupo e triste dopo le prime tre partite. Ma dopo la vittoria sul Brasile io e Graziani lo abbiamo buttato in piscina con la tuta e il borsello delle pipe: non sapeva nuotare e ci siamo dovuti tuffare in tanti per soccorrerlo»
Lei è anche il responsabile della colonna sonora di quella spedizione, giusto?
«Presi in prestito da Cabrini la cassetta di Battiato e cuccurrucucù paloma la ascoltavo in continuazione: l’ho messa sul mangianastri del pullman ed è diventata la nostra musica».
Maradona le faceva una corte così serrata?
«Ad ogni abbraccio in campo, Diego mi sussurrava nell’orecchio di andare a Napoli. C’era grande stima e rispetto, venne a Trigoria a trovarmi quando allenavo. Oltre al calciatore c’era un uomo fantastico, buono nell’anima».