Racconta al Corsera la sua storia con Renato Zero, i giri in 500 e le corse in Rolls-Royce. E poi le voci sul loro matrimonio
Enrica Bonaccorti sulle pagine del Corriere della Sera si racconta partendo dalla sua lunga e avventurosa amicizia con Renato Zero
A spasso sulla Rolls-Royce: «Ce l’aveva prestata un amico, giravamo per Roma tutti vestiti di nero, cappelli da cowboy. Prendemmo la Cristoforo Colombo, guidavo io. Abbiamo tamponato. Disperati, volevamo farla riparare di nascosto, ma non avevamo una lira, abbiamo dovuto confessare, il proprietario ci perdonò».
Inseparabili.
«Ci eravamo conosciuti a piazza Navona, il nostro ufficio a cielo aperto. Avevamo 20 anni. Passavamo così le giornate, aspettando il miracolo. Con Renato mi si era sciolto il cuore, sentivo che dentro aveva una forza esplosiva. Facevamo spettacolini di cabaret. Lo accompagnavo con la 500 beige di mia madre, per non farlo andare in giro da solo, già con piume, trucco e tutine aderenti. A volte mettevo il tailleur e la borsa di mamma e fingevo di essere la sua manager. “Salve, vorrei proporvi lo show di Renato Fiacchini”».
A un passo dalle nozze. «Era uno scherzo. Tempo fa gli ho chiesto. “Renà, ti ricordi che mi volevi sposare?”. “Enrì, sarò stato ubriaco”».
La Bonaccorti racconta la sua decisione di rifarsi il seno per ridurlo perché se ne vergognava troppo: «Con un seno esuberante, fiorito dai 16 in poi. Le continue battute dei ragazzi mi davano fastidio. Mi sentivo cercata solo per quello, io che per distrarli citavo Ungaretti. Sognavo di essere sottile come Catherine Spaak, immaginavo di uscire dal mare con la maglietta bagnata sul seno minuto e i capelli lisci, invece li avevo ricci. Per nascondermi curvavo le spalle, i compagni mi infilavano le penne in mezzo alla scollatura».
Posò per Playboy.
«Ho perso mio padre a 19 anni, mamma era insegnante, non potevo appoggiarmi a lei, dovevo guadagnare. Facevo teatro, non bastava. Avevo già mia figlia. Però non era una rivista sconcia, accanto alle foto sexy c’erano articoli di Eco, di Arbasino. Lo fecero pure la Berti, la Zanicchi, Sabina Ciuffini. Mi pagarono 2 milioni di lire. Sul set mi vergognavo: quando il fotografo mi toccò una gamba cacciai un urlo».