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I novant’anni di Mimmo Carratelli: «De Laurentiis? Anche Ferlaino marciava a fare l’antipatico»

Il Corsport lo intervista: «Ferlaino aveva una certa eleganza. Non c’è gusto a tifare per chi vince sempre. Mennea mi emozionò»

I novant’anni di Mimmo Carratelli: «De Laurentiis? Anche Ferlaino marciava a fare l’antipatico»

Mimmo Carratelli compie novant’anni, il Corriere dello Sport lo intervista.

Mimmo Carratelli, come si raccontano novant’anni?

«Eh, con fatica. Ma anche con l’entusiasmo di chi ha visto parecchie cose. La fine della guerra mondiale, la bomba atomica, lo sbarco sulla Luna, l’avvento del computer. Bisogna prendere la vita alla leggera. Se la salute ti assiste, ti adatti a qualsiasi cosa. Fino a un certo punto. Adesso sento gente che con le guerre e le riserve nucleari pensa di poter giocare».

Non sarà lo sport a salvarci.

«Ma per fortuna c’è. Non dimentico le mie gioie personali: i due titoli mondiali dell’Italia nel calcio, l’Olimpiade della pallanuoto, adesso Sinner. La vittoria di Mennea sui 200 a Mosca, l’impresa che mi sono emozionato di più a raccontare. Mennea tutto sembrava meno che un atleta. Ed eccolo lì che rimonta in ottava corsia. Lo sport dà una possibilità a tutti».

Ma perché da Roma in giù, Napoli compresa, il calcio non trova continuità ad alti livelli?

«Perché è lo specchio del Paese. Al Sud si fa fatica a organizzarsi. Ferlaino capì che bisognava anche andare a nozze con il potere. Aveva agganci con Matarrese, con la Lega di Nizzola, nei media. Nella vittoria del secondo scudetto con Maradona tutto questo gli tornò molto utile. Incisero le sue cene e i suoi viaggi. Ma è per questo che il Napoli mi appassiona: soffrire per le retrocessioni, gioire per il secondo posto di Pesaola, impazzire per i titoli. Non c’è gusto a tifare per chi vince sempre».

Il calcio è cambiato.

«Infatti lo vivo con un certo distacco. E ripenso a quanto ci si divertiva con Ferlaino e Altafini. Per i rapporti stretti che noi giornalisti avevamo con i giocatori. Quando a Maradona tirarono il tranello del doping, passai con lui e un amico comune l’ultima sera a Napoli. Ci abbracciammo e piangemmo. Gli dissi: torna, a me non importa più niente dei dribbling, delle rabone, torna e basta. E lui: non ce la faccio, Mimmo, non ce la faccio. Ho pianto ancora quando confessò la sua dipendenza alla Tv argentina, come ho pianto alla notizia della sua morte. Era un uomo solo e io lo avevo capito».

Esistono caratteracci peggiori di quelli di Aurelio De Laurentiis?

«Anche Ferlaino marciava a fare l’antipatico, ma con una certa eleganza. De Laurentiis però è un imprenditore di calcio moderno. S’inventò Benitez, ha reso il Napoli un club sano come pochi. Peccato si sia convinto di poter fare tutto da solo».

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