El Mundo ha intervistato Alejandro Torralbo, “il miglior meccanico del mondo”: “Negli anni è cambiato tutto, nel Team Emirates siamo in cento… oggi lavoriamo con i biomeccanici”
Alejandro Torralbo fa il meccanico dei ciclisti da quando aveva 9 anni. Oggi ne ha 62. “Sono scappato dalla scuola del mio paese e sono andato ad aiutare mio zio, che aveva un’officina di riparazione di biciclette e moto. Ero sempre lì, compresi i fine settimana. Quei tempi non hanno nulla a che fare con quelli di adesso”. El Mundo dice che è “il miglior meccanico di bici del mondo”. Lavora per il Team Emirates, per Tadej Pogacar e Juan Ayuso. Ma ha curato, in un modo o nell’altro, le bici di Indurain, Rominger, Olano, Ullrich, Juan Fernández, Chava Jiménez, Valverde, Contador, Sastre, Sagan, Basso… Ha “corso” 43 Vuelta, 28 Tour de France e 24 Giri d’Italia. Tre Olimpiadi (Atlanta, Londra e Rio) e a 29 campionati del mondo.
“All’inizio lavoravo tutti i giorni, riposando solo la domenica per andare a messa. Penso di aver sbagliato, avrei dovuto studiare. Ma sono in questo mondo da sempre… Dicono che io sia il miglior meccanico del mondo, ma non sono il migliore, sono solo il più vecchio“.
Torralbo racconta come è cambiato il mondo del ciclismo: “Prima ci si occupava della pulizia delle bici, dell’assetto, della pressione delle gomme, dell’altezza della sella, ecc. Adesso è tutto diverso, lavoriamo con biomeccanici che ti consigliano sull’uso del manubrio, delle pedivelle, del sellino… Ora i produttori ci guardano con sospetto, perché dicono che ripariamo tutto, non come altri, quando si rompe un pezzo, lo buttano via e ne cercano uno nuovo. Nel Team Emirates ci sono più di 100 persone, provenienti da 22 paesi, è come un’azienda. Siamo 11 meccanici, sembra tanto, ma non è così, perché a volte ci sono due gare a settimana e in più dobbiamo preparare il materiale in un centro che la squadra ha vicino a Milano”.
“Pogacar è un fenomeno. Non ho mai incontrato nessuno come lui. Dice una cosa e la fa. Lavoro con lui dal 2021. È molto attento alla manutenzione, chiede informazioni sulla pressione delle gomme, sugli sviluppi… È un campione in tutti gli aspetti, sia su strada che fuoristrada”.
Ne ha viste tante, ma non il doping meccanico. “Non ho visto quella cosa del motore nascosto nelle bici. Non è vero, è un’invenzione. Ricordo che una volta dissero che Lance Armstrong aveva utilizzato un motore in una cronoscalata all’Alpe d’Huez. Non ero nella sua squadra, ma ho visto che la sua bici non pesava nemmeno 6,8 chili. I meccanici hanno dovuto mettere delle piastre per raggiungere quel peso. Se avesse usato un motore, la sua bici non sarebbe stata così leggera”.