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Panatta: «La bandiera di Mancini? Non è stata una cosa elegante, uno sfottò un po’ troppo accentuato»

A RaiNews24: «Se posso usare un dialetto romanesco, la verità è che quando succedono questi derby, quelli che perdono ci vanno in puzza»

Panatta: «La bandiera di Mancini? Non è stata una cosa elegante, uno sfottò un po’ troppo accentuato»
Portrait of Italian former tennis player and director of Italian Open, Adriano Panatta 21 May 2000 at the Foro Olympico Stadium in Rome. (ELECTRONIC IMAGE) (Photo by GABRIEL BOUYS / AFP)

Adriano Panatta è intervenuto a RaiNews24 per commentare le polemiche successive al fischio finale dell’acceso derby tra Roma e Lazio, deciso da un gol di Mancini. L’ex tennista ha parlato proprio dell’esultanza di quest’ultimo (ha sventolato una bandiera di sfottò contro la Lazio) che ha spinto la Figc ad aprire un fascicolo.

Panatta: «Mancini? Ha un po’ esagerato»

Le parole di Panatta:

«La bandiera di Mancini? Secondo me non è stata una cosa molto elegante, uno sfottò un po’ troppo accentuato. Se posso usare un dialetto romanesco, la verità è che quando succedono questi derby, quelli che perdono ci vanno in puzza. Anche Guendouzi evidentemente ha detto una cosa a Dybala e lui gli ha fatto vedere il parastinchi, sono cose normali».

Mancini e il topo non interessano a nessuno, mica come Acerbi (Damascelli)

Sulla prima pagine del Giornale, Tony Damascelli commenta i festeggiamenti di Mancini sotto la Curva dopo la vittoria del derby. Il giornalista nota che il caso interessa molto poco. Non come la vicenda Acerbi (difeso da Spalletti).

Scrive Damascelli sul Giornale:

Bella gente a casa Italia. Luciano Spalletti convoca Acerbi ma lo rimanda a casa perle note storie
di insulti razzisti o sedicenti tali. E chi chiama al posto dell’interista? Mancini Gianluca, un gentiluomo che, concluso il derby romano con un feroce gol di testa, ha provveduto a celebrare la vittoria sventolando una bandiera biancazzurra della Lazio su cui stava disegnato un topo, effigie che riassume l’idea graziosa che i tifosi romanisti riservano ai loro rivali, usciti dalle fogne e in fuga frettolosa verso le stesse. Dovrei dedurre che Dio li ha fatti e il calcio li accoppia, se non si tratta di parole screanzate è pur sempre roba canagliesca, in entrambi i casi sono poi arrivate le scuse, comode, puntuali e tartufesche.

Non vedo, tuttavia, indignazione, raccolte di firme e appelli, se il colore della pelle provoca fastidi tra gli analfabeti o candide anime, come quella di Acerbi, la provocazione rozza appartiene allo stile di Mancini che debbo presumere non abbia tra i suoi riferimenti le opere di Steinbeck, il quale non gioca in nessuna squadra ma è stato l’autore di Uomini e topi. La Federcalcio ha avviato la solita indagine, si prospetta una multa, forse una breve squalifica, poi tutto sarà dimenticato. Suggerirei al romanista la visione di un buon film: il ratto delle Sabine. Sia chiaro, gentile Mancini, ratto nel senso di rapimento”.

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