Alla Gazzetta: «Allegri è diverso, è più tranquillo. Questo non vuol dire che non sia un vincente o che non abbia mentalità. Mi piacerebbe allenare il Milan»

Carlos Tevez, ex attaccante della Juventus, ha rilasciato un’intervista alla Gazzetta dello Sport. Oggi Tevez è allenatore dell’Independiente di Avellaneda, in Argentina, e sta ottenendo ottimi risultati. Tra i suoi sogni quelli di tornare in Italia da tecnico.
Tevez: «Per Conte esiste solo la vittoria»
L’argentino sugli allenatori avuti in carriera e la loro influenza:
«Mi ispiro a Conte per la passione e l’ossessione per la vittoria, da Bielsa ho preso l’attenzione ai dettagli e da Ferguson mi porto la grande calma nella gestione del gruppo. Ma di bravi ne ho avuti tanti, penso a Mancini e Allegri. Se ne devo dire uno però, scelgo Antonio».
Ha un ricordo particolare che la lega a Conte?
«Me ne viene in mente uno che fotografa alla perfezione il personaggio: lottavamo per lo scudetto con la Roma, io ero in Argentina per un problema familiare e non potevo allenarmi. Avremmo giocato coi giallorossi nel fine settimana. Prima mi disse di stare tranquillo, tre giorni dopo mi chiese di tornare perché dovevamo vincere a tutti costi e mi voleva in campo. Per lui esisteva solo la vittoria».
Il ricordo di Tevez su Allegri:
«Max è diverso, è più tranquillo. Questo non vuol dire che non sia un vincente o che non abbia mentalità. Basta vedere come si rialza da ogni momento difficile. Tutto grazie alla gestione e all’empatia che sa creare con il gruppo. È più calmo nelle situazioni, ma gli va dietro tutto lo spogliatoio».
L’argentino vorrebbe tornare in Italia:
«L’Italia è nel mio cuore. Mi piacerebbe tanto, magari da allenatore. La A è uno dei migliori campionati al mondo e penso di dover crescere per meritarmela».
Ha qualche rimpianto?
«La finale di Champions. Eravamo fortissimi. E io ero convinto di poterla vincere, anche se avevamo davanti il miglior Barça di sempre. Guardiamo il centrocampo: Pirlo, Pogba, Vidal, Marchisio. Ti davano la sensazione di poterti mandare in porta da un momento all’altro».
Prima di arrivare alla Juve, ci fu una corte serrata di Galliani:
«Dovevo andare al Milan, ma non dipese né da me né da Galliani. C’è sempre stata stima e molto rispetto. Poi ogni volta che giocavo col Milan facevo benissimo. La Juve si mosse bene, un po’ anche in segreto e riuscì a prendermi. Chissà però che le strade col Milan non si possano incrociare di nuovo. Magari da tecnico…»