A Relevo: «Il mondo non finisce su un campo da tennis. Rafael dà il 100% in campo, ma fuori conduce una vita normale»
Toni Nadal, zio ed ex allenatore di Rafa Nadal, ha rilasciato un’intervista a El Vestuario, un format di Relevo. Durante l’intervista, Toni ha ricordato la carriera del nipote mostrando anche un pizzico di nostalgia per le emozioni che i tornei e le competizioni regalavano. Da quando ha smesso di allenarlo, a fine 2016, ha intrapreso un nuovo percorso nella sua vita per poi diventare ancora più consapevole del valore dello sport.
Toni Nadal: «Rafael vorrebbe ritirarsi dentro un campo da tennis»
Zio e nipote pensavano che la sua carriera potesse finire nel 2012:
«Un giorno ci allenavamo a Monte Carlo contro un argentino, Juan Ignacio Chela, nel 2009, credo che fosse quell’anno. E l’allenatore dell’argentino ha chiesto a Rafael durante una pausa: “Quanti anni firmeresti prima di lasciare il tennis?”. E Rafael disse: “Altri due e me ne andrò in pace “. Perché Rafael aveva sempre la spada di Damocle sulla testa per via della questione del piede, sapevamo che era una situazione complicata. Nonostante gli infortuni, per 17 anni è stato tra i migliori al mondo».
Ora che il ritiro dal tennis è vicino, Nadal si ritrova a fare i conti tra quello che desidera e quello che il suo corpo gli permette. «Vorrebbe ritirarsi dentro un campo da tennis», ammette Toni. «Io gli ho detto: “Guarda Federer, non ha potuto farlo”. Ovviamente quando uno arriva ai numeri che ha raggiunto c’è una parte di ossessione, ma lui ha una vita fuori dai campi da tennis e una vita abbastanza soddisfacente. Pertanto, sa che è vicino alla fine. Gli anni ci sono, sta per compiere 38 anni, ma è ancora emozionato e ha voglia di salutare alla grande».
Ciò che più stupisce è proprio la fame di Nadal. «A tutti piace essere al top. Certo, sai che devi pagare un prezzo, sai che per farlo devi essere motivato. Poi ovviamente ci sono momenti nello sport in cui hai problemi, momenti di frustrazione, non tanto per le sconfitte ma per gli infortuni, e a volte devi trarre forza dalla debolezza, ma la cosa normale è essere motivati quando si è fortunati abbastanza per fare quello che fai e che ti piace fare».
A Rafa mancherà sicuramente gareggiare. Toni, che ha smesso di allenare già da un po’, si è abituato a stare lontano dai campi da tennis: «Il mondo non finisce su un campo da tennis, né finisce smettendo di fare quello che hai fatto per anni. Puoi sempre trovare motivazioni e sogni altrove».
Però smettere rimane la cosa più difficile per uno sportivo. «All’improvviso diventi una persona normale. Ciò può influire. Non credo che questo influisca su mio nipote, perché la sua aspirazione non è mai stata quella di diventare un ragazzo importante».
Per essere al top bisogna avere l’ossessione di arrivarci. Vero? «Sì, ma penso che ci sia un po’ di letteratura, un po’ di montaggio in ogni cosa. Alla fine ho vissuto la realtà di Rafael Nadal, che è stato un ragazzo che ha vinto molto, non odiava perdere, anche se ovviamente non gli piaceva. Ci sono persone che sono ossessionate e altre che non lo sono. Guardate Ancelotti ha vinto tre Champions League eppure non è ossessionato dalla vittoria. Credo che per avere successo nello sport ciò che bisogna avere è l’ambizione di volersi costantemente migliorare».
L’esempio è proprio Rafa Nadal: «Rafael dà il 100% in campo, ma fuori mantiene una vita quotidiana normale, perché non credo che faccia molta differenza. Più tardi, quando sei al livello più alto, è diverso. Djokovic, ad esempio, ha curato molto di più la sua alimentazione. Non l’ha fatto Rafael, né Federer. Ma la questione non è chi vuole essere il migliore, ma piuttosto chi è disposto a pagare un prezzo più alto per essere il migliore».
Quanta distanza c’è tra l’atleta e la persona?
«Dipende, credo che un atleta, quando lo guardi costantemente, alla fine non ti inganna».