De Laurentiis ha bisogno che il Napoli torni in Europa e sembra disposto a pagare la tassa Conte. Non può permettersi un altro passaggio a vuoto
Conte al Napoli? L’all in di De Laurentiis
Premessa doverosa. Antonio Conte non è ancora l’allenatore del Napoli. Gli addetti al settore convergono nel dire che le trattative con i partenopei siano in fase avanzata e che i punti da dirimere siano relativi alla durata del contratto (il club propone 2 anni con opzione sul terzo, il tecnico vorrebbe un triennale) e alla composizione dello staff (Conte vorrebbe con sé tutto il suo staff tecnico più Oriali come scudiero nei rapporti con la società).
Partiamo dalle cose certe. Il Napoli è passato dalle stelle alle stalle. All’ebrezza di uno scudetto stravinto meritatamente dopo 33 anni e da un bilancio che ha segnato la cifra record di 360 milioni di euro (2,1 volte rispetto ai 170 del consuntivo 2021/22) e un utile volato a 79,7 milioni (dai 52 milioni di perdita del precedente esercizio), si è passati ad una stagione anonima conclusa al decimo posto e con tre cambi di allenatore (mai successo sotto la presidenza De Laurentiis). Elemento ancora più rilevante per la riflessione che verrà, i campani non parteciperanno alle coppe europee dopo 14 di presenza ininterrotta.
Perché riteniamo che questo sia il punto nevralgico della scelta di fare all in su un allenatore che è considerato trasversalmente il migliore su piazza, quando si tratta di competere in Serie A? Il bilancio. Vorremmo poter dire le ambizioni cresciute della piazza, lo status conquistato dal Napoli come big del calcio italiano, ma sarebbero tutte motivazioni ancillari al succo del discorso. Posto che il bilancio 2023 ha visto crescere i ricavi commerciali del 48% rispetto al 2022 (da 51,5 milioni a 76,2), il vero incremento c’è stato nei premi/broadcasting Uefa (+363% da 16,5 milioni a 76,7) e nei match day di Coppa (+539% da 2 milioni a 12,8) e nel player trading (+1942% da 3,9 milioni a 79,7). Premi/broadcasting Uefa + player trading pesano a bilancio 2023 il 43% del fatturato totale (155 milioni). Se aggiungessimo la componente Serie A si arriverebbe al 67% (240 milioni). È evidente quali siano le due direttrici sulle quali si basano le fortune economiche del Napoli.
Il curriculum di Conte parla chiaro
Qui si innestano le dinamiche di campo. L’organigramma del Napoli di questa stagione si è dimostrato insufficiente per portare avanti un progetto tecnico. Un uomo solo al comando non funziona in uno sport che è de facto di squadra. Per questo è arrivato Manna, anche se De Laurentiis vuole comunque la garanzia in panchina. Gli esperimenti, la sorpresa volta a fare vedere di essere autosufficiente nelle scelte di campo, non hanno dato gli effetti sperati. Manna è stato scelto, ma deve conquistarsi la fiducia. Di qui la via verso Antonio Conte. Il suo curriculum in Italia parla chiaro: 6 squadre allenate (Arezzo, Bari, Atalanta, Siena, Juventus Inter), 2 promozioni, 4 scudetti e 2 Supercoppe italiane. Al netto degli 8 milioni annui netti su cui il club e l’allenatore salentino sembrano essersi accordati, l’obiettivo realistico è tornare immediatamente in Champions, che solo di partecipazione garantirebbe 19 milioni + i premi per vittoria/pareggio nel girone (rispettivamente 2,1 e 0,7 a partita) + l’eventuale passaggio del turno + la componente value (europea e non europea) legata all’asta sui diritti tv della competizione + gli incassi botteghino da matchday.
Al Napoli mancheranno dal prossimo anno questi ricavi. Mancheranno anche i 50 milioni di euro del Mondiale per club Fifa. Certo, si dirà che il Napoli ha 148 milioni di patrimonio netto, ma giuridicamente non è possibile. Solo l’utile portato a nuovo, che non ha ancora una destinazione, può essere utilizzato per investimenti. Altre voci, tra cui le riserve legali, sono destinate a coprire future ed eventuali perdite di esercizio. Banalmente un po’ come il grasso per gli orsi in letargo d’inverno. È necessario quindi fare almeno una plusvalenza pesante per giustificare tali mancati incassi, che potrebbe però indebolire la rosa. È una prospettiva realistica con Conte in panchina e le sue rinomate pretese in sede di calciomercato? Difficile immaginarlo a meno di operazioni che compensino l’uscita. In questo senso, citando Luca Marotta, per essere competitivi a certi livelli, alcuni costi, come quelli del personale, diventano “rigidi”, almeno nel breve termine. Noi aggiungiamo anche nel lungo termine. A confermare la tesi della rigidità di alcuni costi, una volta raggiunti certi livelli, è il fatto che i costi della produzione del Napoli sono sempre saliti tranne nel bilancio 2014/15, per poi continuare a crescere fino al bilancio 2020/21, anno della pandemia. Il tasso di crescita annuale composto (Cagr) del costo del personale del Napoli, il costo fisso più rilevante per un club di calcio, calcolato dal 30 giugno 2005 è del 13,66%, mentre negli ultimi 5 anni è in diminuzione del 3,8%.
Il vero capolavoro è stato ridurre il monte ingaggi
Il vero capolavoro di questi ultimi anni del Napoli è stato ridurre il costo del personale (monte ingaggi) sotto la soglia critica dei 90 milioni. Dal 2021 ad oggi si è passati da 101 milioni (3° della Serie A) a 75 milioni (l’anno dello scudetto) per arrivare agli 84 milioni di questa stagione. I costi del personale non sono mai esplosi, a prescindere dai risultati sportivi. Le aspettative non esagerate della piazza hanno permesso alla società (con in testa Giuntoli) di lavorare a fari spenti. La speranza era sì lo scudetto, ma mai vissuto come obbligo. La vittoria del tricolore ha cambiato le carte in tavola. Conte cambierebbe le carte in tavola. Distruggere e ricostruire una rosa come ha fatto l’Atalanta recentemente, facendo in maniera indolore una stagione “a vuoto”, è possibile se non sei propriamente una big.
Qui sta la commistione tra bilanci e campo. De Laurentiis ha bisogno che il Napoli torni in Europa e sembra disposto a pagare la tassa Conte, per avere quante più probabilità di riuscirci. Non può permettersi un altro passaggio a vuoto. Le plusvalenze non sono infinite e la piazza pretende. Per quanto Adl sia stato bravo ad infischiarsene della piazza, gestire tifosi scontenti alla lunga è arduo. Conte porterebbe con sé un approccio ai calciatori in antitesi con la strategia tecnica portata avanti da sempre dal club. Ci si deve aspettare un incremento del monte ingaggi? Non necessariamente, se le entrate saranno ben bilanciate dalle uscite. Alla Juventus con lui in panchina il monte ingaggi addirittura diminuì. Al Chelsea e all’Inter fu il contrario, ma i nerazzurri dovevano ricostruire. Il Napoli è in questa stessa condizione?
Ai posteri l’ardua sentenza.
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