Alla Gazzetta: «Esperienza all’estero? Avrei potuto averla quest’anno in Inghilterra, ma l’Italia mi piace troppo. Per la Champions tifo Real»

La Gazzetta dello Sport intervista Gasperini, fresco di vittoria dell’Europa League con la sua Atalanta.
Ora è un top, ma non lo era: viveva di spunti e spariva, il suo gioco si è evoluto
Gasperini, ha dormito la notte prima di Dublino?
«Dormo sempre la notte prima, mai quella dopo».
Se lo sentiva che gli imbattuti erano battibili, vero?
«Sapevo che avremmo potuto metterli in difficoltà. Ho studiato molte partite del Bayer Leverkusen. Non sono abituati ad essere aggrediti come facciamo noi. Avevamo le caratteristiche giuste per farli giocare male. Anche se contro squadre così metti in preventivo di prendere gol».
L’Europa ha celebrato la bellezza del vostro calcio.
«È sempre stato il mio obiettivo: il risultato attraverso il gioco, con giocatori tecnici. Ne sono sempre stato straconvinto: chi gioca bene, ha più possibilità di vincere. Molti pensano il contrario, che la bellezza ostacoli il risultato: un luogo comune assurdo. Io ho fatto tanti risultati: a Crotone, a Genova, a Bergamo. Se non fai risultati, non ti riconoscono la qualità del gioco».
Di buoni giocatori ne ha migliorati molti: il segreto?
«Il segreto è che sono bravi. Io tiro fuori quello che hanno dentro, non posso trasformarli, non aggiungo nulla. Diventano forti, se sono forti. Fondamentale il lavoro mentale. Devi essere convincente. Se il ragazzo si convince, sei a posto. Magari ci metti dei mesi, poi scatta qualcosa».
Lei ai Percassi ha chiesto di aggiungere?
«Io sto pensando a come migliorare la squadra. Noi siamo stati bravissimi, i più bravi, ma non i più forti. Quanto a forza, possiamo migliorare. Compatibilmente con le disponibilità del mercato e le offerte che arriveranno. Come per Hojlund».
Gasperini: «Il clic per Scamacca è arrivato quando non è andato in Nazionale»
Che Scamacca avrà Spalletti?
«Uno Scamacca bomber, che fa un sacco di gol. E Luciano saprà dargli ulteriori conoscenze. Si è sempre impegnato alla morte, la fama di bad boy è assurda. Un momento chiave è stato quando si è liberato della pressione pazzesca che aveva addosso, ogni partita sembrava dovesse dimostrare di essere un grande giocatore. Non sorrideva mai, era scuro ad ogni errore. Il clic? Quando non è andato in Nazionale, in quei dieci giorni siamo riusciti a trovare la chiave: non era questione di gol, ma di prestazione e dinamismo. La playstation? Io non lo controllo…».
«Non mi sono mai trovato in scadenza di contratto e quindi non ho mai potuto decidere da solo: ho sempre dovuto parlare con Preziosi o con Percassi. Avevo percepito un po’ di stanchezza, il presidente sembrava disposto a lasciarmi andare, lo ha detto, poi la stagione ha preso una piega gloriosa e ha cambiato parole: andiamo avanti così».
Il prossimo anno sarà il veterano della Serie A.
«A Ranieri l’ho detto in tutte le salse: non fare stupidaggini… E tifo spudoratamente Ancelotti: Real-Atalanta in Supercoppa europea è un sogno».
C’è ancora tempo per un’esperienza all’estero?
«No, non ci vado più. L’avrei avuta anche quest’anno, bella, in Inghilterra. L’Italia mi piace troppo, dal lunedì al sabato all’estero è dura. E comunque a Bergamo resterò legato a vita, non so da allenatore».