Partita che sembrava a senso unico, poi cambia improvvisamente. Dalla curva juventina cori per Massimiliano Allegri
Il Bologna domina per 75 minuti poi si addormenta: finisce 3-3 con la Juve di Montero.
Partita strana al Dall’Ara con la squadra di Thiago Motta che domina per oltre un’ora, segna tre gol a zero, potrebbe farne altrettanti. Dà l’impressione di giocare col freno a mano tirato per non umiliare gli avversari. Al 75esimo il match sembra chiuso. E invece comincia un’altra partita. In otto minuti i bianconeri hanno segnato tre reti con Chiesa, Milik e Yldiz. Le due squadre restano terze a 68 punti. L’Atalanta quinta a 66.
A Bologna dalla curva ospiti si è levato il coro per Allegri.
Bologna-Juventus almeno nei primi 25 minuti è un tiro al bersaglio. Una sfida impari tra la squadra di Thiago Motta e i bianconeri guidati da Montero dopo la decisione della dirigenza di esonerare Allegri che li aveva condotti alla vittoria della Coppa Italia.
Il Bologna ha segnato il primo gol dopo novanta secondi con Calafiori. Il secondo dopo undici minuti con Castro. C’è stato anche un terzo gol ma annullato per evidente fuorigioco. In tribuna i volti accigliati di Giuntoli, Scanavino e Ferrero, soprattutto perché dalla curva juventina si è levato stentoreo il coro “mister Allegri”. Segno che la decisione di Giuntoli e compagni non è stata condivisa dalla base della tifoseria.
Giuliano Ferrara: lo stile Juve è una grande cialtronata, la furia di Allegri andrebbe insegnata a scuola. Ne scrive ovviamente sul Foglio.
Lo stile Juventus è da sempre una grande cialtronata. Mai come nel caso di Massimiliano Allegri, licenziato perché si comporta in modo “contrario ai valori della società”. Lasciamo stare i risultati dell’allenatore, che tappano la bocca (cinque scudetti eccetera). Il fatto di costume, la saccente lezioncina pedagogica a uno che ha comprensibilmente sbroccato, stufo di essere perculato dalla “società dei valori”, prevale su tutto.
(…) Ma conciare per le feste e sottoporre a gogna un uomo che fa una sfuriata, che esprime non ciò in cui dice di credere, i valori, ma quel che è, il suo effettivo valore umorale e carnale di una sera, è un modo di offendere l’amor proprio manifesto di un professionista soffocato dal rancore ambientale, che alla fine esplode e sanziona il tutto minacciando di strappare le orecchie a un giornalista e dando il bando a un collega aziendale, stracciandosi le vesti e turpiloquendo a casaccio nel giorno di una vittoria e dell’addio.
La collera richiede rispetto, se non solidarietà. Chi s’infuria fuori dalle righe in genere è visitato dalla necessità, da una smania che può perfino avere dell’elegante, del rivelatore, dell’irreprensibile. Ci si ammutolisce davanti al fulmine sgarbato che viene da un dio degli stadi. Anche questa è una questione di etichetta. La società, invece di invocare valori, avrebbe dovuto per eleganza e compostezza mostrare un lieve imbarazzo e risolvere il contratto senza strepito e condanne morali.
La collera di Allegri aveva il sapore di una rivalsa a lungo rimandata verso un tradimento, che non è un tradimento di valori ma personale, di serietà professionistica, era lo strepito di un uomo sottoposto alla guerra dei sussurri, a certe spietatezze e volgarità d’apparato che sono tipiche delle stagioni di insania e di autolesionismo certo non estranee alla Juve di questi ultimi tempi.
(…) Il comportamento di Allegri, la sua baldanza e la sua furia, andrebbe insegnato nelle scuole per far vedere a che punto può arrivare, in certi contesti, l’ira repressa di un generale di brigata fortunato alle prese con una diserzione indiscreta, vile e contundente. Invece siamo alle solite del banalismo etichettaro, non sta bene, non si fa, goditi la vita, non reagire, non avere stomaco, le persone a modo non fanno così, tutti contro Allegri. Ma che restituiscano quei cinque scudetti e quelle coppe invece di frignare e condannare in nome dei valori e della moralina comune uno che hanno semplicemente trattato male e gli ha fatto una omerica scenataccia.