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Il coaching è la rivoluzione in sospeso del tennis, “pensa poter dare istruzioni ad un giocatore di scacchi mentre gioca”

Su El Mundo: è una regola non sfruttata, si potrebbero usare i dati in tempo reale per cambiare le partite. Ma gli allenatori temono “la paralisi da analisi”

Il coaching è la rivoluzione in sospeso del tennis, “pensa poter dare istruzioni ad un giocatore di scacchi mentre gioca”
NEW YORK, NEW YORK - SEPTEMBER 07: Darren Cahill, coach of Jannik Sinner of Italy, looks on during his Menís Singles Quarterfinal match against Carlos Alcaraz of Spain on Day Ten of the 2022 US Open at USTA Billie Jean King National Tennis Center on September 07, 2022 in the Flushing neighborhood of the Queens borough of New York City. Julian Finney/Getty Images/AFP (Photo by JULIAN FINNEY / GETTY IMAGES NORTH AMERICA / Getty Images via AFP)

La regola del coach amico. C’è, ma nessuno sa sfruttarla a dovere. Prima l’allenatore parlava col tennista usando sotterfugi, perché era vietato. Adesso che il “coaching” è stato legalizzato, però, la comunicazione è rimasta primordiale: qualche velato consiglio, per lo più incitazioni generiche. E invece, questa è una regola che potrebbe cambiare il tennis in assoluto, dice O’Shannessy a El Mundo. O’Shannessy è un ex coach e pioniere della match analysis che ha lavorato anche con Djokovic tra il 2017 e il 2019. E’ un’autorità in questo campo.

“È un po’ deludente per noi che amiamo questo sport e lo consideriamo molto tattico. Immagina di poter dare istruzioni ad un giocatore di scacchi durante una partita. Il permesso di allenare durante le partite non viene affatto sfruttato. Per ora si dicono solo cose generiche, parole di incoraggiamento, ma potrebbero servire a migliorare aspetti specifici. Potrebbe cambiare totalmente il gioco. E prima o poi accadrà”.

“Per il momento, il nostro lavoro serve a spiegare quello che è successo, a posteriori, non a cambiare quello che sta succedendo. Per me il futuro è che ci sia un analista in ogni box e che dia direttamente istruzioni al giocatore“.

“Un’indicazione può aiutare a vincere una partita, ma su quella comunicazione bisogna lavorare. Più che parole devono essere gesti. Ad esempio, tocca la tua spalla sinistra se vuoi che serva da sinistra, digli con le mani di giocare più lungo o di fare più drop shot. Ci sono giocatori che non prestano attenzione e allenatori che non sanno come controllare le proprie emozioni” dice al Mundo Javi Fernández , direttore della Tennis Group Academy di Marbella e attuale allenatore di Mario González.

“Il tempo è poco e il giocatore è concentrato – spiega Miguel Crespo, dottore in psicologia e formatore di allenatori a capo del Dipartimento Educazione della Federazione Internazionale di Tennis – per questo allenare durante la partita è complicato. La cosa più consigliabile è che gli allenatori incoraggino, trasmettano il loro sostegno al giocatore, ma non diano troppe istruzioni. In caso contrario, può verificarsi quella che chiamiamo paralisi da analisi. Se in tre secondi dici al tennista di giocare più in profondità, di attaccare di più sul rovescio e di saltare di più nel servizio, la cosa normale è che poi commetterà un doppio fallo”.

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