Alla Gazzetta: «Il tempo per Parigi arriverà presto e magari più volte, l’uomo da battere è Lyles. Tamberi porta bandiera? È meritato, è il campione di tutto»
Oggi iniziano le World Relays di Nassau, il trofeo iridato delle staffette che quest’anno avrà il sapore di un vero e proprio torneo preolimpico. All’Atlantis Resort di Nassau che ospita la delegazione azzurra, la Gazzetta ha intervistato Marcell Jacobs, il velocista italiano.
Jacobs: «Tamberi portabandiera? So quanto ci tenesse: sono felice per lui»
La cura Stati Uniti funziona anche in pista?
«Sono molto soddisfatto: tanto, da un punto di vista tecnico, in poco tempo è cambiato».
Cosa, per esempio?
«Qui si lavora molto sulla potenza, il giorno prima di una gara non si riposa, il riscaldamento non dura più di mezzora. I ritmi sono più intensi. Sento il mio corpo cambiato: sono fiducioso».
A distanza di una settimana, come valuta il debutto sui 100 di sabato scorso in 10”11?
«Positivamente: è stato solo un allenamento. Ho deciso di gareggiare pochi giorni prima, ero carico di lavoro. E ho fatto una partenza disastrosa».
La spiegazione di Jacobs:
«Ho dato per scontato che l’uscita dai blocchi non mi avrebbe creato problemi. Ero molto più concentrato sulla seconda parte di gara: in passato, in allenamento, facevo prove cronometrate sui 120 e avevo un’idea precisa di quanto avrei potuto valere sui 100. Con coach Reider, invece, eseguo solo accelerazioni e non ho riferimenti precisi».
«Il giorno prima, proprio allo start, ero rimasto a fianco di Bromell e di Sani Brown, ottimi partenti. Per cui non sono preoccupato. Anzi. Anche a livello di sensazioni è stato un ottimo esordio».
Il “nuovo” Jacobs interpreta la seconda frazione della 4×100 in modo diverso:
«Ho un po’ modificato l’assetto di partenza a tre appoggi in uscita di curva. Mi alzavo quasi subito, ora col busto resto più basso per stare il più “filato” possibile. Farlo in rettilineo, però, è diverso».
I rivali più pericolosi?
«Stati Uniti, Giamaica, Gran Bretagna, Sudafrica, Brasile, Giappone e Cina vorranno tutte dire la loro. I ragazzi di quest’ultima si allenano a Jacksonville, hanno già corso in 38”20, non vanno sottovalutati».
Il tempo per la a qualificazione diretta alle Olimpiadi è un obiettivo?
«Lo è in quanto tale: arriverà presto e magari più volte. A Parigi l’uomo da battere sarà Lyles, ma io sarò lì per confermarmi, anche con la staffetta».
Cosa prevede il suo calendario?
«Lunedì tornerò da Nicole e dai bimbi, che poi non vedrò fino a fine estate. È stata una scelta, anche legata al fatto che sono in attesa della green card e quindi non conviene lasciare il Paese. Io mercoledì sarò in Italia e da giovedì sera a Desenzano: Jeremy, mio figlio più grande, domenica ha la Prima Comunione. Il 18 correrò i 100 allo Sprint Festival ai Marmi, a Roma. A quel punto, con Reider, deciderò se andare qualche giorno a Rieti, base del nostro camp. Il 28 gareggerò a Ostrava e il 30, ora posso dirlo visto che Stoccolma ha annunciato il proprio cast, a Oslo. Poi, gli Europei».
Tamberi portabandiera?
«È meritato, è il campione di tutto. So quanto ci tenesse: sono felice per lui».