Ai canali social del club: «Eravamo molto vicini al traguardo. Idolo? Lucio. Negli anni in cui andava fortissimo al Bayern Monaco, per me era una leggenda»
Juan Jesus si è raccontato in una breve intervista pubblicata sui canali social del Napoli, parlando tra le altre cose anche della vittoria dello scudetto e della vittoria che gli ha fatto capire che sarebbero diventati campioni d’Italia.
Quando avete capito che potevate vincere lo scudetto?
«La partita che ci ha dato ancora più certezze è stata contro la Juventus, quando ha segnato Raspadori. Eravamo molto vicini al traguardo, il secondo posto era lontanissimo ma lì abbiamo avuto la fiducia che nessuno poteva toglierci quel sogno, quella cosa stava per accadere».
Juan Jesus, il resto dell’intervista
Descriviti con tre parole
«Divertente, giocoso e quando si deve fare il serio, faccio il serio, quando devo lavorare».
Le tue emozioni la prima volta allo stadio Maradona:
«È stato bellissimo. Nello stadio ci avevo già giocato tante volte da avversario, ma quando giochi con la maglia del Napoli si sente quanto è bello, con la carica dei tifosi… una sensazione bellissima».
Rito scaramantico
«Credo in quello che faccio in allenamento e poi nella partita cerco di mettere in campo tutto quello che abbiamo fatto in settimana. La scaramanzia nel calcio per me è all’ultimo posto, io credo nelle qualità, nella squadra. Se serve la scaramanzia per vincere, allora non ci sarebbe neanche bisogno di fare gli allenamenti».
Un momento che ha avuto un forte impatto nella tua carriera da calciatore:
«Non avevo mai ambito ad arrivare in Italia. Ho sempre pensato che avrei avuto una carriera media. Quando sono arrivato a 18 anni in prima squadra all’Inter di Porto Alegre, avevo già vinto la Libertadores, così mi sono detto di voler ambire a qualcosa in più. Ho fatto 5 anni bellissimi all’Inter, 5 anni bellissimi alla Roma, adesso sono qua a Napoli da tre anni, ho vinto lo scudetto dopo 33 anni, penso di aver fatto una bellissima carriera».
Paragonati con un calciatore del passato: chi ti somiglia?
«Io all’inizio ero molto simile a Lucio, per me era un punto di riferimento. In Nazionale da giovane ci paragonavano, forse perché ero un po’ più alto, forte fisicamente, rubavo palla, dribblavo tutti. Poi abbiamo giocato insieme all’Inter, per me è stato un onore. Oggi somiglio più a Juan che giocava nella Roma, che è più cauto, più tattico, più tecnico. Dopo 10 anni di carriera si cresce, si impara, mi tengo loro due come punti di riferimento anche se loro hanno vinto tutto».
Il tuo idolo brasiliano:
«L’ho nominato prima: Lucio. Negli anni in cui andava fortissimo al Bayern Monaco, per me era una leggenda. Ho avuto il piacere di giocare e allenarmi con lui, ho coronato il mio sogno. L’ho seguito per tanti anni. Per la carriera che ha fatto, i trofei che ha vinto, il triplete con l’Inter: per me è un idolo».