Al Corriere Firenze racconta le notti brave con l’amico ex campione di canoa: «La cosa per cui ancora ridiamo sono le facce dei poliziotti: “Ma come proprio voi? Chechi e Rossi?”. Ci riconobbero, quasi gli facemmo pena».
In un’intervista al Corriere Milano l’ex campione di canoa Antonio Rossi ha raccontato della sua amicizia fraterna con Jury Chechi eppure ha voluto tacere su un episodio accaduto ai due: quello del carrello. Il suggerimento parte dalla moglie di Rossi, ma lui risponde: «No, quella del carrello non la posso dire: sono una persona rispettabile».
Sulle pagine del Corriere Firenze ci ha pensato invece il “Signore degli anelli” italiano a sbottonarsi
Chechi, vuol raccontarlo lei che successe col carrello?
«Certo, come no. Eravamo a Milano, serata goliardica e di festa, era l’inizio degli Anni 2000. Facciamo per uscire dal locale e accanto alla macchina troviamo un carrello della spesa, mi ci butto dentro e Antonio mi fa “resta lì”. Insomma come degli idioti accendiamo l’auto e lui apre il finestrino e mi trascina per la strada. Ridevamo come matti, solo che a un certo punto compare l’auto della polizia e lui, appena visti i lampeggianti, lascia e il carrello e mi fa sbattere contro un muro. La cosa per cui ancora ridiamo però sono le facce dei poliziotti: “Ma come proprio voi? Chechi e Rossi?”. Ci riconobbero, quasi gli facemmo pena».
La moglie di Rossi dice le vostre notti brave stavano per portare al divorzio.
«Eh quella vacanza a Corvara fu dura (ride, ndr). Tornavamo da New York dove ci eravamo divertiti come matti e non avevamo intenzione di smettere. Sua moglie era nera, facevamo sempre tardi e lui dava la colpa a me per provare a calmarla. E io me la prendevo».
Come nacque l’amicizia tra voi due?
«Nel 1996 ero presidente di giuria a Miss Italia e mi chiesero di scegliere un altro atleta da inserire in quella giuria. Dissi lui che era già super conosciuto e campione affermato, oltreché ragazzo bellissimo. Fin dalla prima volta insieme capii che saremmo diventati inseparabili. Antonio è simpaticissimo e divertente. Fa delle figure in giro per il mondo che non potete immaginare…»
Ce ne racconti altre.
«Alcune non posso proprio raccontarvele. Una sì però: con i fans di solito facevamo foto insieme, io da una parte, lui dall’altra e i tifosi in mezzo. Bene, durante gli scatti ci prendevamo a pizzicotti le braccia per vedere chi mollasse per primo per il dolore. Solo che lui una volta cominciò a dar pizzicotti al braccio di una ragazza… Non le dico i lividi. In tutti questi anni ho provato anche a sfruttare il fatto che lui sia una specie di Adone. Speravo che uscire col bello di turno portasse qualcosa di buono anche per me, ma i risultati con le donne, per quanto mi riguarda, non sono stati quelli sperati».
Lei a Prato, lui a Lecco. Riuscite a frequentarvi ancora?
«Guardi l’ho sentito anche stamani, lui ha avuto un piccolo intervento e volevo sapere come stesse. Non sapevo dell’intervista altrimenti l’avrei mandato a quel paese… Tra noi comunque l’amicizia, la stima e il legame resteranno per sempre. Siamo stati grandi atleti e non diventi campione se non lavori in maniera seria, ma nei momenti giusti ci siamo divertiti come pazzi».