ilNapolista

L’anca di Sinner ha costretto a rinviare la festa di Roma

Sembrava tutto pronto per vincere dopo non sappiamo più nemmeno quanti anni. E invece ci toccherà aspettare ancora

L’anca di Sinner ha costretto a rinviare la festa di Roma
Italy's Jannik Sinner concentrates before a point against Denmark's Holger Rune during their Monte Carlo ATP Masters Series Tournament quarter final tennis match on the Rainier III court at the Monte Carlo Country Club in Monaco on April 12, 2024. (Photo by Valery HACHE / AFP)

Quando Jannik Sinner annunciò che avrebbe partecipato agli Internazionali di Roma, la mia fantasia tornò finalmente ai magici Anni 70 quando Adriano Panatta riunì sotto la bandiera italiana un intero popolo. Così sarebbe stato oggi se l’anca sbilenca di Jan non avesse rovinato la festa. Perché sono ormai 50 anni che la nostra Capitale tennistica è preda del sacco lanzichenecco. Al punto che negli ultimi lustri, non avendo più lustro indigeno, gli appassionati si sono accontentati della polvere di stelle, scegliendosi il campione straniero di turno per provare almeno l’effetto placebo.

Gli italiani si sono buttati su Nadal e Djokovic

Gli italiani si sono divisi tra i due giganti del rosso, Rafael Nadal e Novak Djokovic, chi si prendeva uno, chi si prendeva l’altro, spartendosi il tifo del Foro Italico in ordine manicheo. Un po’ come accade con il calcio nel Sud Italia e nell’ampio hinterland campano. In assenza di un club di appartenenza, si ripiega su una squadra nobile ancorché lontana migliaia di chilometri. C’è chi abbraccia l’Inter a vita e chi si affilia alla Juventus per sempre, nella suggestione di riuscire finalmente a vincere. Sono scelte discutibili, ma ampiamente legittimate da vuoti emotivi. Lo stesso vuoto che stava vivendo il tennis italiano prima dell’avvento di Sinner, prima delle sue notti magiche in collegamento con l’emisfero australe, che ci hanno sorpresi svegli fino all’alba, come quando Azzurra e il Moro di Venezia regatavano in acque sconosciute, riscoprendoci all’improvviso un popolo esperto di Vela e di strambate.

L’ultimo a lasciarci cantare orgogliosi con una racchetta in mano, come la chitarra di Toto Cutugno, fu Panatta. L’italiano vero, romano de Roma. Adriano era romano in campo e fuori. Il genio creativo che inventò la “veronica”, che disegnò l’iperbolico aquilone che planava in tuffo sulla rete, il polso magico che baciava l’incrocio delle righe con il rovescio in back più delizioso dall’avvento di King Roger. E al contempo l’indolente sregolato, capace di buttar via la gloria acquisita dentro pomeriggi pigri, grigi e irrisolti. Sullo sfondo le sue notti “bravissime”, la convivenza fraterna con Paolone Bertolucci compagno di doppio, di stanza e di esistenza all’amatriciana, i suoi amori celebri e liaison on the road che solo Franco Califano poteva raccontare. E con le mani nei capelli ad accarezzare la frangia vezzosa che non avrebbe osato tagliare neppure l’Ayatollah Khomeyni.

Sinner è il contrappasso di Panatta

Sinner, 50 anni dopo, è il suo contrappasso. Non conosce nemmeno un marciapiede della Garbatella, ma sembra appena uscito dalla Nunziatella. Ha l’eleganza e la disciplina di un cadetto,  il volto ieratico e pallido che pare brandizzato dallo yogurt Stelingarda e uno sguardo talmente candido che per dargli connotati virili gli hanno affibbiato la somiglianza con Rocco Siffredi. Jan è il campione della porta accanto che vince e ringrazia i genitori, mentre noi dopo un secolo dobbiamo ringraziare ancora di esserci ripresi in tempo Trieste e Trento.

A Roma, intanto, siamo alla seconda settimana, senza nemmeno più l’antica rivalità in remoto. Le stelle sono tramontate. La cometa di Nadal si è spenta, e ha lasciato orfana la propria platea anche la verve di Novak, secondo solo a Fiorello per vocazione al populismo e lo spiccato senso istrionico. L’Italia però potrebbe finalmente tornare sotto la stessa bandiera tricolore a Parigi, a casa dei cugini sciovinisti, con Jannik sulla “Vie en rouge” del Roland Garros. Il ragazzo nato a due palmi dal confine è l’ultima speranza di insurrezione nella nuova guerra di indipendenza. Come quando il Piave mormorava: “non passa lo straniero”. Né spagnolo, né serbo. Né interista, né juventino.

ilnapolista © riproduzione riservata