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Leao su Ibra e Ronaldo: «Non è una questione di talento, ma di mentalità»

A Fabrizio Romano: «Ibra mi ha aiutato su due cose: mentalità e concentrazione. La forza di Ronaldo non è una questione di talento, ma di mentalità»

Leao su Ibra e Ronaldo: «Non è una questione di talento, ma di mentalità»
Mg Milano 07/11/2023 - Champions League / Milan-Paris Saint Germain / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: esultanza gol Rafael Leao

L’attaccante del Milan, Rafael Leao, nella sua intervista con Fabrizio Romano a Sport.xyz ha parlato anche di suoi due ex compagni in particolare.

Le parole di Leao

Quando capisci che è il momento giusto per fare una delle tue finte, uno dei tuoi dribbling? «Istinto. Giocando per strada con i miei amici, guardando i miei idoli come Ronaldinho e Cristiano Ronaldo, provandole continuamente in campo quando ero più piccolo. Ora sto provando a migliorare nella mia finalizzazione. Mi sento un attaccante, uno che deve finalizzare: in quei momenti devi rimanere freddo e concentrato. Devo migliorare»

Quando hai avuto la sensazione per la prima volta che il tuo talento potesse essere speciale? «Quando avevo 16-17 anni. Prima di allora ero allo Sporting, vedevo giocare alcuni miei compagni più di me. Più minuti, più partite… E pensavo: “Perché non sto giocando io?”. Due anni dopo, durante la pre season, un allenatore è venuto da me per dirmi: “Rafa, puoi essere quello che vuoi, ma rimani concentrato. Ti aiuto io”. Mi ha aiutato molto, da quel momento è iniziata la mia crescita»

Hai ricevuto qualche consiglio da Cristiano Ronaldo? Che effetto ha fatto giocare con lui? «Non è una questione di talento, ma di mentalità. Come ti prepari durante la settimana. È un piacere, sono orgoglioso di giocare con lui in nazionale. Per noi giovani, siamo tanti, è un piacere averlo in nazionale e giocarci insieme. È un esempio per tutti»

Sembri avere un ottimo rapporto con i tifosi a San Siro… «Quando sono arrivato le mie prime partite non sono state all’altezza delle mie qualità. Ho sentito comunque il supporto. All’inizio l’allenatore (Giampaolo, ndr) non mi faceva giocare, per me era difficile. Ma sapevo che arrivando al Milan c’erano tanti buoni giocatori. Ero giovane, pensavo comunque a rimanere concentrato, migliorare e imparare ogni giorno, aspettando per la mia occasione. Nella mia testa pensavo che sapessero cosa potessi fare, ma dovevo fare ancora di più perché il Milan è un club storico, hanno vinto un sacco di Champions e hanno avuto un sacco di giocatori leggendari. Dovevo dimostrare di non avere solo talento, ma anche di poter giocare con passione»

C’è qualcosa in cui vuoi migliorare in modo particolare? «La finalizzazione, penso di poter segnare più gol. Per essere tra i top devo segnare ed essere più decisivo davanti al portiere»

Che impatto ha avuto Ibra sulla tua carriera? «Parliamo di mentalità durante l’allenamento… Cose che possono sembrare “piccole” come il controllo palla e i passaggi: dopo un dribbling magari avrei potuto fare una giocata semplice, ma non lo facevo. Mi ha aiutato ad essere più concentrato davanti alla porta, a tirare bene. Mi ha aiutato su due cose: mentalità e concentrazione. Sapeva che se fossi stato concentrato durante la partita avrei fatto un’enorme differenza. Qualche volte ero nervoso durante la partita, lui no e non smetteva di parlarmi dicendomi di rimanere concentrato, di continuare e che il gol sarebbe arrivato. Quando hai un compagno come lui che ti dice cose del genere ti fa sentire a tuo agio»

Come fai a tenere vive le tue passioni oltre il calcio senza che abbiano un impatto negativo sul campo? «Sta nel tempismo. Se si gioca di sabato di certo non di venerdì o giovedì non mi metto a fare altro, ad esempio qualcosa sulla musica, perché il focus deve essere il campo. Invece quando l’allenatore ad esempio ci lascia due giorni liberi posso fare quello che voglio. A volte in campo non va bene così mi metto a scrivere su come mi sento, sulla mia vita e inizio con la musica. È un hobby, ma anche un posto dove andare per essere nel mio mondo, più Rafa e meno Leao»

Cos’è che il Milan ha che gli altri club non hanno? «Tutto. Stadio, tifosi, passione, la città. Tutto, tante cose»

Hai mai provato a convincere qualcuno a venire al Milan? «Ero in nazionale, stavo parlando con Cancelo. Ha giocato per l’Inter e mi diceva: “Mi piace il Milan, è un bel club. Quando giocavo allo stadio contro di loro sentivo il tifo e da piccolo mi piaceva molto come squadra”. Allora gli ho detto: “Vieni” (ride, ndr). Mi ha detto che sarebbe stato difficile, era al Manchester City. Ci ho provato. La nuova era al Milan si basa su giocatori giovani con grande talento, quindi… Cancelo è nel “mezzo”, sarebbe stato perfetto»

 

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