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Minoli: «De Mita definì Agnelli un mercante con poche idee, fece di tutto per non mandarlo in onda»

Al Messaggero: «Amadeus è un fuoriclasse, avrei fatto di tutto per non farlo andare. In Rai si inventano percorsi burocratici che rendono la vita impossibile a chi lavora»

Minoli: «De Mita definì Agnelli un mercante con poche idee, fece di tutto per non mandarlo in onda»
Roma 17/10/2021 - Festa del Cinema di Roma / foto Insidefoto/Image nella foto: Giovanni Minoli

Giovanni Minoli, 78 anni, intervistato da Andrea Scarpa per Il Messaggero.

Il Nove e il gruppo Warner Discovery stanno cambiando le regole del mercato televisivo: la Rai quanto rischia?

Minoli: «Moltissimo. Producendo all’esterno il 70-80 per cento di quello che manda in onda, può facilmente diventare una bad company con 12.500 dipendenti, di cui 2000 giornalisti. A cosa servono tutti quei dipendenti?».

Appunto. Cosa fanno?

«Si inventano percorsi burocratici che rendono la vita impossibile a chi lavora. In Rai si è praticamente persa l’unica cosa che davvero conta in tv: la centralità del prodotto. La televisione, qualcuno ancora non l’ha messo a fuoco, conta solo per quello che va in onda. Tutto il resto è organizzazione più o meno burocratica».

Che ne pensa della Rai dell’ultimo anno?

«Niente. E rimasta più o meno in piedi con i prodotti che già c’erano, da Linea Verde ad Amadeus, un vero fuoriclasse».

Che è passato al Nove. Lei per trattenerlo che cosa avrebbe fatto?

Minoli: «Qualsiasi cosa. Amadeus ha trasformato Affari tuoi nel più grande serial di sociologia e antropologia italiana a cielo aperto».

Addirittura?

«Sì. Ha il merito di raccontare con i pacchi gli italiani veri, con i loro sogni e problemi. E infatti è passato dal 23-24 al 30 di share. Mi piace perché ha la freschezza della curiosità autentica. Amadeus è come un concorrente, non c’è differenza. È uno di loro».

Lei come si informa in tv?

«Per le news mi fermo solo sul tg di Mentana, è il più bravo di tutti.

Fra i tanti c’è anche Francesca Fagnani: le piace sempre?

«Sì, è brava. Però cinque puntate ogni tanto sono poche e poi le interviste di quel tipo funzionerebbero meglio se non fossero montate. Io non lo facevo: la tensione psicologica che si creava fra intervistare e intervistato era fondamentale. Chi veniva sapeva che avrei messo tutto in onda. Quando De Mita disse che Agnelli era un mercante con poche idee e tanti interessi particolari, poi fece di di tutto perché io lo tagliassi. Fui irremovibile».

La cazzata della vita?

«Non aver insistito fino alla morte per giocare a pallone, la mia vera passione. Arrivai fino alla serie D. Poi mia madre, avevo 15 anni, mi fece smettere».

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