I David di Donatello l’hanno segata e hanno dato sollievo alla biliosi che da mesi imperversa. Il concetto è: “solo noi capiamo di cinema, la ggente no”
Paola Cortellesi si è macchiata di un peccato ignominioso a sinistra: il suo film ha avuto successo
Sarebbe meraviglioso se Nanni Moretti girasse un film sulle reazioni della sinistra col sopracciò al successo di Paola Cortellesi e del suo “C’è ancora domani”. Altro che “Sol dell’Avvenire”, invero un po’ palloso (non ce ne voglia il maestro) seppur con qualche scena da conservare. Moretti dovrebbe tornare a raccontare il mondo del “faccio cose, vedo gente”, “ci scrivono le lettere ma noi non rispondiamo”, “c’è l’acqua alta in centro”. Insomma il suo mondo. Perché è quel mondo là che è impazzito di fronte allo tsunamico (non c’è altro termine) successo al botteghino di “C’è ancora domani”.
È meravigliosamente esilarante lo spettacolo d’arte varia delle biliosi sparse che hanno provocato le lunghe file al botteghino. Paola Cortellesi si è macchiata del peccato più ignominioso agli occhi della sinistra snob: ha avuto successo. Trentasei milioni di incasso in Italia. Lo ripetiamo, così le transaminasi salgono: trentasei milioni di incasso. Pure virgola sei, a essere precisi. Quel virgola sei sono seicentomila persone. Cortellesi è una apostata: il suo film è piaciuto al popolo (orrore); ha portato al cinema donne e uomini che magari da anni non entravano in una sala. E che per giunta alla fine del film non se ne volevano andare. Pretendevano pure di parlare della propria storia, preferibilmente proprio con donna Paola. Ha portato in sala donne (non per forza anziane) che quella violenza l’hanno subita. Solo per questo – perché ha fatto un film che è piaciuto alla gggente – andrebbe lapidata (non fucilata, lapidata) ovviamente dopo un processo nemmeno sommario. Non sia mai. Particolareggiato. Con parola a tutti i giurati.
“Paola Cortellesi non credo molto amata da molti registi in sala”
Nel pezzo che Marco Giusti ha scritto per Dagospia (Giusti è sempre da leggere, sempre, come Dagospia del resto: l’Italia sta morendo di autocensura, non se ne può più), c’è una riga che non è passato inosservato: “Paola Cortellesi dilagante, non credo molto amata da molti registi in sala”. Chissà che cosa avrà ascoltato Giusti che preferisce mantenere la sua signorilità. Basta essere un discreto smanettatore su Facebook per imbattersi in persone che lavorano nel cinema, a stretto contatto con registi più o meno famosi, che da mesi definiscono quello della Cortellesi il film più brutto e insignificante della storia del cinema. Isole comprese. Direbbe Franca Valeri: “Trrroppo divertente, cos’è?”.
Questo circo dal mignolo alzato venerdì ha vissuto la propria serata di gloria. I David di Donatello – diciamolo – hanno segato Paola Cortellesi. Chiamami col tuo nome, direbbe Guadagnino. Noi lo chiamiamo col suo nome. L’hanno segata. Le hanno dato i premi contentino: miglior regista esordiente, miglior attrice e cazzate varie. Sì, è esordiente ma ha cinquant’anni e ha girato un film che ha fatto discutere l’Italia per mesi. E ancora fa discutere. Ha avuto un premo in più del film di Bellocchio, “Rapito”, che ahinoi non ha visto quasi nessuno. Il messaggio è chiaro: il popolo non capisce un cazzo, ora arriviamo noi critici e giurati e vi spieghiamo il cinema. Come ripete l’amico Vittorio Zambardino che spesso ama riportare la frase di un vecchio comunista in un’assemblea: “compagno, ‘o popolo è ‘na merda”.
Perché sì “Io capitano” è un bellissimo film. Emozionante. Intenso. Drammatico. Crudo. Girato da un regista sopraffino che riuscì a condurre “Gomorra” nei binari della poesia con un film gioiello prima che il brand venisse travolto dal linguaggio della serie tv. Non ci dilunghiamo su Garrone, non tiriamo fuori “L’imbalsamatore”. Non serve. È un grande e basta. E “Io capitano” è un signor film. È giustamente finito nella cinquina Oscar, ha avuto la mala sorte di imbattersi ne “La zona d’interesse”. Ora, senza addentrarci nel cinematografico (ciascuno ha i suoi gusti), nella terra di Machiavelli sarebbe stato ovvio dividere la torta. Miglior regia a Garrone. Miglior film a Cortellesi. Se così non è andata, e così non è andata, non è perché quello di Garrone è un gran bel film. Ma per inviare un messaggio in due parti. Primo messaggio: la gente non capisce un cazzo. Secondo messaggio: il cinema italiano siamo noi.