L’indagine non tiene conto del mercato. Gli scambi non sono permute. E com’è possibile che sia indagato solo un club e l’altro no?
L’altro giorno la notizia è rimbalzata su tutti i media. La Procura di Roma ha chiuso le indagini preliminari sulle plusvalenze del club giallorosso e ha notificato l’atto di conclusione a sei dirigenti (Pallotta, Gandini, Malknecht, Baldissoni, Fienga, Francia) oltre che alla società. Qualcuno, più di qualcuno, forzando molto la mano ha scritto: “a rischio processo”.
La parola che fa drizzare le orecchie è plusvalenze. Che, ricordiamolo, non è un reato, men che meno un’infamia. I club si reggono sulle plusvalenze. L’unico asset che le società di calcio hanno è il diritto a comprare e vendere i calciatori. E il prezzo è stabilito dal mercato. Non esiste un valore equo.
I dirigenti della Roma di Pallotta sono indagati per alcune operazioni di mercato. Guarda caso tutti scambi. Ossia operazioni in entrata e in uscita tra due club. Ma ovviamente non allo stesso valore. Cioè non un baratto.
Questo passaggio è importante. Perché nell’avviso di garanzia recapitato ai dirigenti di quella Roma, ogni contestazione è preceduta dalla seguente dicitura: “importi maturati nell’ambito di operazioni contabilizzate in violazione dei requisiti stabiliti dal principio contabile internazionale Ias 38 (attività immateriali), paragrafo 45 (permute di attività immateriali) benché si trattasse di operazioni di:
scambio reciproco di calciatori tra società;
scambio concluso nella stessa finestra di mercato;
scambio il cui corrispettivo non prevedeva esborsi monetai ovvero prevedeva esborsi limitati;
scambio in cui i trasferimenti dei calciatori comportavano termini o scadenza di pagamento uguali o simili tra calciatori in entrata e calciatori in uscita dalle singole società;
adottando quindi quale criterio di imputazione in bilancio non il valore contabile dell’attività ceduta (imposto dall’applicazione del principio contabile Ias 38.45 per operazioni permutative) bensì asseriti valori di riferimento del mercato non altrimenti verificabili.
Gli scambi nono sono obbligatoriamente permute
Quindi, se capiamo bene, per la Procura ogni scambio deve essere configurato come permuta. Avrei dovuto barattare Nainggolan (che fu pagato dall’Inter 40 milioni) con l’allora giovanissimo e sconosciuto Zaniolo e con Santon. Contravvenendo così al principio base dell’economia di mercato, ossia il valore determinato dalla curva della domanda e dell’offerta. Senza dimenticare che se così avessero fatto, i dirigenti romanisti sarebbero stati licenziati in tronco da Pallotta non solo in quanto inetti ma soprattutto in quanto dannosi. E aggiungiamo che all’epoca la Roma era quotata in borsa. Gli azionisti si sarebbero sentiti danneggiati da tale castroneria.
Aggiungiamo un’altra osservazione: dobbiamo dedurne che se la Roma avesse venduto Nainggolan senza alcun giocatore in cambio, nessuno avrebbe contestato nulla.
Tutto nasce dalle cosiddette operazioni a specchio, divenute note con l’inchiesta sulla Juventus. Il che non vuol dire che non si possano scambiare calciatori dal diverso valore. Maradona non vale Turone, con buona pace di Ramon. Non possono essere scambiati alla pari. Semmai dovrebbero essere contabilizzati come permute se scambiati alla pari. Ma per costituire reato dovrebbe anche essere provato l’accordo fraudolento tra i due club sul gonfiare i valori di scambio, anche perché il beneficio sarebbe reciproco. Nel caso della Roma, non solo non si tratta di operazioni “a specchio” ma non risultano indagati i club con cui si sarebbero dovute concordare le compravendite. È quantomeno singolare. Senza dimenticare che nei casi contestati alla Roma l’applicazione dello Ias 38 paragrafo 45 avrebbe dovuto quantomeno essere segnalata dal collegio sindacale, revisori esterni, Covisoc, tutti organi incaricato di rivedere i bilanci dei club.
Plusvalenze? I club vendono i giocatori per monetizzare.
Le contestazioni alla Roma sono tutte di questo tenore. Tutti scambi. Come quello col Sassuolo risalente all’estate 2017. Quando peraltro non c’è nemmeno coincidenza di tempi. La Roma vendette a giugno al Sassuolo il giovane Frattesi e Marchizza per un totale di 8 milioni. A luglio, invece, acquistò Defrel per cui ovviamente pagò di più (27 milioni). Com’è possibile mettere sullo stesso piano le operazioni e pretendere che fossero scambiati a zero?
L’anno prima, il Sassuolo aveva comprato dalla Roma Lorenzo Pellegrini e non è accaduto nulla. Perché? Perché non c’è stato alcuno scambio. Se anche in quella sessione ci fosse stato uno scambio, allora si sarebbe configurata l’ipotesi di reato. C’è qualcosa che non quadra.
Gli esempi sono tutti uguali. C’è il sospetto che l’inchiesta non tenga conto dell’esistenza del mercato. I club vendono i giocatori per monetizzare. Si mantengono così. È il compito dei dirigenti che altrimenti danneggerebbero le società per cui lavorano. Nessuno ne parla ma a noi pare piuttosto lunare.