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Shevchenko: «In Ucraina gli stadi devono avere i bunker per poter ospitare le partite»

All’Equipe: «La partita più lunga è durata cinque ore, appena c’è l’allarme si corre nel bunker. Per noi la questione è vivere o morire»

Shevchenko: «In Ucraina gli stadi devono avere i bunker per poter ospitare le partite»
Genova 01/12/2021 - campionato di calcio serie A / Genoa-Milan / foto Image Sport nella foto: Andriy Shevchenko

Da quanto la Russia ha invaso l’Ucraina Andrei Shevchenko ha fatto di tutto per aiutare il suo Paese. Lo scorso gennaio è diventato presidente della Federazione. L’Equipe lo ha incontrato per un’intervista proprio nella sede della Federcalcio ucraina.

«Alla vigilia di questa intervista, allo stadio Lobanovsky, prima della partita della Dynamo Kyiv, si è svolta una cerimonia in onore dei tifosi del club morti in guerra… Dal 2014 – perché per noi la guerra è iniziata nel 2014 – abbiamo avuto tanti tifosi che si sono arruolati nell’esercito, e che sono morti per difendere il nostro Paese. Noi della Federazione cerchiamo di aiutare le famiglie di questi tifosi. Ad esempio, durante le partite delle Nazionali, organizziamo famiglie provenienti dall’estero affinché assistano alle nostre partite perché, purtroppo, non possiamo giocare in casa..

Shevchenko: «L’Europeo fondamentale per poter parlare dell’Ucraina»

Ucraina qualificata per i prossimi Europei?
«È stato un momento importante per tutti. Il calcio è lo sport principale in Ucraina. Ci sono due aspetti di questa qualifica. Innanzitutto è importante che il nostro calcio partecipi alla fase finale di un evento importante come l’Euro, per il nostro futuro, per i tifosi. Ma è fondamentale che il nostro Paese sia rappresentato anche per poter parlare dell’Ucraina, per poter trasmettere il nostro messaggio… I soldati al fronte hanno guardato questo incontro sui loro telefoni, sui loro computer. Ho ricevuto tantissimi messaggi da loro, video che ci hanno inviato… Non è stata solo una partita di calcio, è stato molto di più».

Si capisce quindi la pesante pressione che sentono i giocatori:
«I giocatori sono consapevoli della responsabilità di indossare questa maglia, la pressione è tanta. Quando parlo ai giocatori, inizio tutti i miei discorsi ringraziando i nostri soldati, le persone che ci difendono, che ci danno questa possibilità di poter giocare a calcio».

La guerra è, ovviamente, una presenza costante durante tutta l’intervista:
«Da quando è iniziata la guerra per noi tutto è cambiato. Quel giorno ci siamo trasferiti tutti in un altro mondo, la vita di tutti gli ucraini è cambiata. Per la prima volta dall’inizio dell’invasione si è giocata la Coppa d’Ucraina, con la finale del 15 maggio. Questa partita è stata dedicata ai difensori che con coraggio proteggono il nostro Paese, per ringraziarli di averci salvato la vita» .

«Per poter giocare dobbiamo avere i bunker negli stadi»

«Poter disputare il campionato di calcio è una vittoria enorme. Anche i tifosi cominciano a tornare negli stadi. I regolamenti implicano che dobbiamo avere rifugi per proteggerci dai bombardamenti in tutti gli stadi. Quindi, per ogni partita, possiamo accogliere tanti tifosi quante sono le persone che il rifugio può contenere, perché dobbiamo essere in grado di proteggere tutti in caso di allerta… Ci sono regolarmente partite interrotte da allerte, soprattutto quelle che si giocano vicino alla linea del fronte, come a Dnipro. La partita più lunga è durata cinque ore. I calciatori giocano, poi, appena c’è l’allarme, devono correre nel bunker. Tornano in campo per dieci minuti, poi devono andare di nuovo in panchina… Ma ora abbiamo tutto sotto controllo».

Come hai reagito Shevchenko all’inizio del conflitto?
«Non potevo crederci. All’epoca fu uno shock enorme. Era notte fonda, mia madre mi ha chiamato, erano iniziati i bombardamenti, lei piangeva al telefono, aveva paura… Dalla sua voce, dal suo terrore, ho capito cosa stava succedendo, ho capito.. Lei non vive molto lontano da una stazione radar vicino a Kiev che è stata bombardata… I primi momenti sono stati terribili. C’è stata questa importante decisione del presidente Zelenskyj di restare a Kiev. E poi, tutte queste persone che si sono arruolate nell’esercito…».

Il compito di presidente di Shevchenko non è quindi esattamente lo stesso di quello del presidente della Federcalcio francese…
«Diciamo che il contesto fa sì che la funzione vada oltre il calcio. Per noi la questione è vivere o morire. Sono andato al fronte, ho visto di cosa si trattava. Ma sostenerci non è solo una questione di soldi, è soprattutto una questione di principio»

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