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Alcaraz: «Ho 21 anni, devo conciliare il lavoro con giorni di libertà per sentirmi una persona normale»

A Marca: «È vero che ho avuto qualche dubbio mio braccio. Nella semifinale con Sinner non mi sono trattenuto per colpire di dritto. Ora voglio vincere un oro olimpico»

Alcaraz: «Ho 21 anni, devo conciliare il lavoro con giorni di libertà per sentirmi una persona normale»
Spain's Carlos Alcaraz celebrates after winning his men's singles semi final match against Italy's Jannik Sinner on Court Philippe-Chatrier on day thirteen of the French Open tennis tournament at the Roland Garros Complex in Paris on June 7, 2024. (Photo by Bertrand GUAY / AFP)

Dopo la vittoria al Rolland- Garros, Carlos Alcaraz ha rilasciato un’intervista a Marca. Ha vinto la finale battendo Zverev in cinque set. A 21 anni vince il suo terzo titolo Slam. Di seguito le sue parole.

Alcaraz: «La forza mentale e la testa sono ciò che serve per essere il più forte di tutti i tempi»

Come hai festeggiato?

«Ho festeggiato con la mia famiglia. Siamo andati a cena e ho fatto tutto quello che non avrei fatto durante il torneo. Ho mangiato quello che non stavo mangiando a causa del problema del glutine e così via. Mi sono lasciato andare un po’. Dovevamo brindare con dello champagne. Ma poi me ne sono andato presto. Questo lunedì sono su una nuvola».

Sei stato il più giovane a vincere uno Slam su tutte e tre le superfici:

«Come ho sempre detto, non importa quello che ho ottenuto a 21 anni se non miglioro. Alla fine, voglio continuare la mia carriera e continuare a crescere per arrivare dove sono stati Djokovic, Rafa e Federer fino a poco tempo fa. Quelli bravi hanno continuato a migliorare durante la loro carriera fino a raggiungere l’età di 37-38 anni nel loro periodo migliore».

Pensi di giocare anche a 38 anni?

«Perché no?»

Come gestire questo successo considerando che Wimbledon e le Olimpiadi sono proprio dietro l’angolo?

«Devi goderti questi momenti dopo tutto il lavoro e la sofferenza. A 21 anni sto imparando cosa mi serve e cosa non mi serve. Mi sto rendendo conto che devo conciliare lavoro e sofferenza con giorni di riposo, di libertà, di fare quello che mi piace e di sentirmi una persona normale. Questo ti aiuta a isolarti e a liberare la mente per tornare in campo al 100%».

Cosa pensi ti manca per diventare il tennista più forte di tutti i tempi?

«Direi la testa, la concentrazione. Essere in testa alla classifica per 16 o 17 anni, lottare per i grandi titoli anno dopo anno, affrontare la pressione, gli infortuni, affrontare tutto, è qualcosa fuori dall’ordinario. Avere quella continuità anno dopo anno è qualcosa che pochi riescono a raggiungere. La forza mentale e la testa sono ciò che serve per essere il più forte di tutti i tempi».

Alcaraz è arrivato a Parigi con dubbi fisici per l’infortunio all’avambraccio:

«È vero che ho avuto qualche dubbio mio braccio. Mentre giovavo non sentivo dolore. E il giorno della semifinale con Sinner non ho più dovuto trattenermi per colpire di dritto all’80 o al 90%. Non era il momento di avere paura ma di avere fiducia nel lavoro che avevo svolto e di dimenticare completamente tutto».

Nella tue priorità, meglio vincere Wimbledon o i Giochi Olimpici?

«È complicato, ma le Olimpiadi si svolgono ogni quattro anni ed è un torneo speciale perché rappresenti un intero Paese. Quest’anno sceglierei un oro olimpico».

La vita di Alcaraz sembra una favola. C’è qualcosa che non va nella tua vita?

«Beh, non è tutto rose e fiori. Sia a livello professionale che personale devi affrontare le piccole cose che accadono. Mi considero una persona molto felice nella mia vita sportiva e personale. Al momento non ho grandi preoccupazioni al di fuori del tennis. Vivo sereno e felice».

Qual è il tuo programma?

«Il programma è di giocare al Queen’s, a Wimbledon e alle Olimpiadi se tutto va bene. Se il tour sull’erba non andasse bene, cambieremo qualcosa o parlerò con la squadra per vedere cosa possiamo fare».

Alcaraz è uno di quelli che piange di più a causa degli infortuni o nei momenti di felicità?

«Tendo a piangere più per frustrazione che per felicità. Non piango molto e per quanto riguarda l’ultimo infortunio ho pianto un paio di volte quando ho dovuto saltare dei tornei».

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