Un po’ di debunking di tutte le frottole dei culisti. Si è inventato Bellingham falso Benzema. Questo Real Madrid non era la squadra più forte d’Europa
Probabilmente non verrà raccontato abbastanza in che misura la quintodecima sia l’ennesimo capolavoro del più grande allenatore del calcio contemporaneo, Carlo Ancelotti. Probabilmente dovremo sorbirci ancora l’insopportabile bufala secondo cui Carletto ha vinto la quinta Champions semplicemente perché allena il Real Madrid, e perché il Real Madrid ha la squadra più forte. Come se – peraltro – arrivare ad allenare due volte il Real Madrid fosse materia per tutti.
La verità è un altra. La verità è che del senno di poi son piene le fosse, ma che a inizio anno era chiaro anche ad un bambino che il Real Madrid – sebbene il Real Madrid parta sempre per vincere tutto – non fosse la squadra (sulla carta) più forte d’Europa. Ammesso e non concesso che i più forti vincano sempre come se fosse una specie di formula matematica.
Non era affatto il miglior Madrid di sempre. Basti pensare che nastri di partenza si trattava di una squadra privata del suo portiere Courtois (a causa di un grave infortunio) e del suo attaccante principe Karim “the dream” Benzema, ceduto ad uno degli Al-Qualcosa nell’estate dei petroldollari sauditi. Courtois e Benzema furono unanimemente (e anche giustamente) considerati i protagonisti assoluti dell’ultimo trionfo europeo dei blancos, quello di due stagioni fa.
Rinfreschiamoci un po’ la memoria, che non fa mai male: le eccezionali parate di Courtois, soprattutto nella doppia sfida al Man City nella semifinale di due anni fa, furono per mesi l’appiglio principale dei culisti (la corrente di pensiero psicopatologica che ritiene che i successi di Ancelotti siano in gran parte dovuti ad un deretano importante); Benzema, ça va sans dire, vinse il Pallone d’oro e giocò la stagione più clamorosa della sua straordinaria carriera. La giocò con Ancelotti in panchina (e non fu un caso), ma anche questo non fu considerato, per molti, un vero argomento a favore di Carletto.
Ebbene, il Real Madrid questa estate ha sostituito Courtois (che si era rotto i legamenti) con Kepa Arrizabalaga Revuelta del Chelsea, noto ai più per la litigata con Sarri durante i rigori di una finale di Carabao Cup. Si tratta di un portiere con fondamentali ottimi ma che non è mai realmente esploso. Dopo aver iniziato la stagione da titolare, Ancelotti gli ha stabilmente preferito Andrij Lunin, che gli ha de facto strappato il posto e che secondo alcuni avrebbe anche meritato di giocare la finale. Poi un attacco influenzale ha fugato ogni dubbio. Per chiarire: Lunin non era né più né meno che il secondo di Courtois.
Benzema, invece, non è stato sostituito affatto. Probabilmente in attesa dell’arrivo di Mbappé. Direte: è arrivato Bellingham. Certo. Ma non possiamo confondere mele e pere. Bellingham ha potuto idealmente sostituire Benzema, diventando il calciatore più decisivo di questo Real Madrid insieme a Vinicius, solo perché in panchina c’è un genio come Carlo Ancelotti. Bellingham arriva a segnare 23 gol stagionali perché in panchina c’è uno convinto che lo human factor – il fattore umano – valga infinitamente di più dei numerini, dei moduli, dell’eterno ritorno dell’uguale.
In caso contrario, con un altro allenatore, sarebbe stato assolutamente impensabile sostituire un centravanti Pallone d’oro con un centrocampista di vent’anni, anche se promettente, anche se fortissimo.
Col senno di poi, insomma, son bravi tutti. Ma siamo così sicuri che stesse scritto da qualche parte che un Madrid privato di Benzema dovesse eliminare in fila il Manchester City di Haaland e il Bayern di Kane? Sarebbe opportuno ricordare che l’unico 9 nella rosa del Madrid è Joselu, l’eroe del Bernabeu nella sfida ai tedeschi. Sfida su cui, soprattutto all’andata, hanno inciso gli errori della vecchia conoscenza partenopea Kim. Eppure anche Kim è utile a questo ragionamento: con Upamecano, De Ligt ed Eric Dier il sudcoreano forma una batteria di difensori formidabile. Forte almeno quanto quella del City che conta su Ruben Dias, Gvardiol. Non vogliamo vendere l’idea che quelli del Real siano brocchi – per carità – ma Ancelotti tra un infortunio e l’altro (sia Militao che Alaba si sono rotti il crociato) ha fatto tutta la stagione con Nacho – non esattamente Sergio Ramos – titolare e capitano. E ha vinto Liga e Champions League.
Ancelotti non si sbrodolerà in auto elogi. Un sigaro, una canzone ed un’inarcata di sopracciglio possono bastare. E così pure l’ultimo capolavoro di una carriera strepitosa sembrerà normale amministrazione. Perché così fanno i più grandi: fanno sembrare normali – facili – le cose più difficili. Quelle straordinarie. Hala Carletto, siempre.