Roncone: da un lato gli azzurri a cena, dall’altro il ct che studia soluzioni, da solo con i suoi appunti. In campo i calciatori non sono allegri
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Azzurri, scusate, ma voi Spalletti siamo sicuri che lo capite? (Corsera)
Sul Corriere della Sera l’inviato Fabrizio Roncone scrive un gran pezzo che come tutti gli ottimi pezzi è impossibile da riassumere. È come la sceneggiatura di un film. Parte dalle scene nel ristorante Acqua, in Renania Settentrionale, dove ci sono tutti i calciatori a cena.
E scrive:
Quasi tutti, entrando, sono andati ad omaggiare Gianluca Di Marzio, giornalista di Sky e autentica autorità in tema di calcio mercato. E di questo parlano gli azzurri: un po’ di mercato, chi va, chi resta, chi prolunga il contratto, e poi di orologi, macchine, delle vacanze che nessuno sa quando potranno cominciare. Perché la tremenda domanda che aleggia è: con la Croazia vinciamo? Riusciremo a qualificarci per gli ottavi di questo Europeo?
Poi, la regia si sposta su Luciano Spalletti: un uomo solo che cerca la soluzione. Così lo descrive Roncone (che non a caso qui sul Napolista definimmo degno erede di Sconcerti):
Spalletti con i suoi appunti studia soluzioni
A 23 chilometri da qui, al centro di una foresta, c’è l’uomo che sta cercando di trovare la risposta. Il cittì è rimasto a Iserlohn, sede del ritiro azzurro. Chiuso nella sua camera d’albergo, alla luce bianca di una lampada, chino sul tavolo e lì che consulta i dati della partita in cui la Spagna ci ha preso a pallate (chi ha corso di più, chi meno, il numero dei contrasti persi e dei passaggi sbagliati) e riempie fogli di frecce e cerchietti. Ogni tanto, apre uno dei suoi quaderni. I suoi famosi, preziosi quaderni. E legge.
Su quegli appunti c’è la vita di un allenatore che studia. Che non si accontenta. Che non si è mai fatto bastare il puro genio tattico, il talento di vedere posizioni e binari di gioco che gli altri non vedono: Spalletti approfondisce, curiosa nel calcio altrui e lo elabora, prova a migliorare il proprio, sempre immerso in una pignoleria prossima all’ossessione. Uno schema banale lo avvilisce. Invece lo eccita inventare (tipo certe difese «rotanti» a tre e mezzo, oppure Totti falso nove, Brozovic playmaker e Lobokta bussola vivente, quando al Maradona pensavano di guardare il Napoli alla play-station).
Roncone poi spiega il calcio del signor Luciano: relazionale e non posizionale.
Poi si chiude con una domanda. Uno di quei film col finale aperto.
Tutto questo contro la Spagna non ci è riuscito. Per la qualità del gruppo, che è quella che è, certo: ma — a ripensarci — forse pure perché molti azzurri, nel tentativo di accontentarlo, giocano senza allegria, preoccupati. Anche adesso, in questo ristorante. Facce un po’ grigie. Di Lorenzo e Cristante alla cassa, per il conto. Scusate, ragazzi, un dubbio: ma voi, Spalletti, siamo sicuri che lo capite?