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Bortuzzo: «Se non avessi denunciato il mio allenatore, non sarei andato a Roma e non sarei stato sulla traiettoria del proiettile»

A Oggi parla il nuotatore che tra il 2 e il 3 febbraio 2019 fu colpito da un proiettile destinato a un altro: «Da ragazzino ero convinto che sarei morto prima dei 18 anni»

Bortuzzo: «Se non avessi denunciato il mio allenatore, non sarei andato a Roma e non sarei stato sulla traiettoria del proiettile»
Mc Roma 15/06/2023 - red carpet film ‘Elemental’ / Mario Cartelli/Image nella foto: Manuel Bortuzzo

Oggi intervista Manuel Bortuzzo il nuotatore che  tra il 2 e il 3 febbraio 2019 fu colpito da un proiettile destinato a un altro. Ha rischiato di morire ed è rimasto paralizzato dalla vita in giù. Oggi si prepara alla Paralimpiadi di Parigi dove il 2 settembre gareggerà nei 100 rana: «Vado lì a chiudere un cerchio rimasto aperto in tutti questi anni. E voglio divertirmi, perché ho capito che se non me la godo non faccio risultati».

Ci ha messo tempo per decidere di tornare in vasca e intanto c’è stata la tv: Italia sì con Marco Liorni, il Grande Fratello Vip.

Che cosa le ha lasciato ilGf Vip?

«Mi ha insegnato che ci sono tanti mondi e mi ha lasciato la consapevolezza di ciò che voglio davvero, quali compromessi sono disposto a fare e quali no».

C’è nulla di cui si è pentito, della sua vita pubblica?

«All’inizio non riuscivo a identificarmi col personaggio pubblico che ero diventato, non capivo se la gente mi cercasse per quel che ero o per quel che mi era successo. Temevo di essere identificato con la cosa peggiore della mia vita: io sono Manuel, non il ragazzo cui hanno sparato. Volevo tornare a essere “Manuel l’atleta”. Ma rifarei tutto, perché da tutto ho imparato, anche dalle cose che sentivo che non facevano per me. Non ho mai finto, ho guadagnato credibilità e questo mi piace».

Bortuzzo ha scritto un libro “Soli nella tempesta”, in cui ha raccontato il suo percorso

Racconta di aver rischiato di perdersi. Come è riuscito a evitarlo?

«Sono stato fortunato. Ho incontrato, per caso ma nei momenti giusti, quelli del vuoto, persone che mi hanno aiutato a trovarmi. Come Fabio, il mio maestro di pianoforte: con naturalezza, lezione dopo lezione, e senza che me ne rendessi conto, mi ha insegnato a vivere alcune cose attraverso la musica, attraverso Bach e Chopin».

Scrive della sua stima per il nuotatore colombiano Moises Fuentes Garcia, che però prima di diventare campione del mondo paralimpico ha attraversato depressione e tentativi di suicidio legati alla sua disabilità. A lei è mai successo?

«Fortunatamente no. Ho avuto momenti difficili, ma a me piace troppo vivere. Anzi, a volte quasi la ricerco quella disperazione, la coltivo, proprio per potermi mandare a fare in culo e sentirmi fortunato per l’essere vivo. Forse non ho mai pensato al suicidio proprio perché ho imparato ad accogliere anche la disperazione».

Da ragazzino, era convinto che sarebbe morto prima dei 18 anni. Perché?

«Non lo so ma è sempre stata una sensazione tangibile, lo dicevo anche a mia mamma. Vivevo a mille perché pensavo di avere poco tempo».

A 17 anni ha intuito che il suo ex allenatore molestava le allieve e lo ha denunciato. Non ha avuto paura delle conseguenze?

«Mi sono consultato con mamma ma sapevo che era la cosa da fare, andava fermato. E poi in quelle ragazze io rivedevo le mie sorelle. Lui alla fine è stato condannato, ma io l’ho pagata cara: era molto potente e mi sono ritrovato con una specie di “daspo”, non potevo più frequentare le piscine del Veneto. Per fortuna, un altro mio allenatore mi ha consigliato un posto dove allenarmi, a Roma, e mi sono trasferito».

Se non l’avesse denunciato, non sarebbe arrivato a Roma e non si sarebbe ritrovato sulla traiettoria di quel proiettile. Ci ha mai pensato?

«Assolutamente sì, forse sarebbe andato tutto in un altro modo. Ma non voglio cedere al giochino di andare a ritroso lungo l’elenco degli eventi che mi hanno portato lì, quella sera».

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