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Dimitrov: «Per essere spietato nel tennis devi aver avuto una brutta esperienza che ti spinge oltre il limite»

Al New York Times: «Per essere il migliore devi essere ossessionato ed egoista. È sottile la linea tra l’egoismo cattivo e quello buono»

Dimitrov: «Per essere spietato nel tennis devi aver avuto una brutta esperienza che ti spinge oltre il limite»
Miami (Stati Uniti) 29/03/2024 - Miami Open / foto Imago/Image Sport nella foto: Grigor Dimitrov ONLY ITALY

L’ossessione. Torna sempre, quando i campioni cercano di spiegare il loro successo o quello altrui. La maledetta-benedetta ossessione. Grigor Dimitrov l’ha capito tardissimo, e nella sua intervista al New York Times parla anche di “egoismo”. Lui che da giovane era “baby Fed”, il piccolo Federer. Per le movenze eleganti, la fluidità di colpi. Un soprannome che ha sempre odiato: “Onestamente, all’inizio l’ho trovato divertente, e poi ho iniziato… non a odiarlo ma non mi piaceva perché non aveva senso. Siamo così diversi e abbiamo alcune somiglianze ma in realtà non siamo le stesse persone e penso che fosse così inutile. Un desiderio che avrei per un ragazzino è non essere paragonato a qualcuno. Penso che sia stata probabilmente una delle cose peggiori che ho dovuto affrontare nella mia carriera. Non mi è mai piaciuto e non mi ha mai portato nulla di buono. Naturalmente sono lusingato, ma ho sempre desiderato essere me stesso”.

Dimitrov in “vecchiaia” sta vivendo una seconda giovinezza migliore della prima. Ha capito l’ossessione: “Per essere il migliore in questo sport devi essere ossessionato, ecco com’è. Fino al punto in cui non hai molto margine di errore. Penso che mi sto orientando meglio con le cose, e so anche che in questo momento sono molto più vicino alla fine che all’inizio, e questo ti dà anche una prospettiva molto diversa”.

L’hanno raccontato per tutta la carriera come uno troppo buono, senza la spietatezza che serve per vincere. “Ma se non l’avessi, non sarei qui adesso. E penso che per averla deve essere successo qualcosa, come una brutta esperienza che ti spinge oltre il limite, che dopo dici ok, adesso ci siamo. L’avevo avuta, ovviamente. Sia dentro che fuori dal campo. Ho avuto molte di queste esperienze e ne sono molto grato. Alcune sono state estremamente dure ma fa parte del gioco e della vita. Collego sempre il gioco, il nostro sport, alla nostra vita. Penso che vadano mano nella mano”.

“L’egoismo per un atleta è ovvio, ma la linea tra l’egoismo cattivo e quello buono è sottile. Avrei potuto essere più egoista con alcune decisioni che ho dovuto prendere, ma mi sto contraddicendo un po’ perché ho sempre desiderato crescere come persona, e ora mi sto lamentando. La spietatezza, ovviamente, è così. Vuoi vincere. Puoi essere il ragazzo più gentile fuori dal campo, ma dentro devi essere essere letale…”.

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