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Il ciclismo sta diventando come il calcio: tra agenti e grandi squadre è un far west (L’Equipe)

Il saccheggio dei giovani talenti ha svuotato le categorie juniores, ma per un Evenepoel che ce la fa, a centinaia ne escono distrutti

Il ciclismo sta diventando come il calcio: tra agenti e grandi squadre è un far west (L’Equipe)

Nel ciclismo sono arrivati gli agenti, i procuratori. E niente sarà più come prima. Il ciclismo sta diventando il calcio. Una specie di far west che sta depredando le categorie giovanili, con i talenti pescati nella culla e buttati nella mischia del World Tour sperando di beccare il nuovo campione, e il rischio di bruciarne a decine. Nella seconda di tre puntate sullo stato del ciclismo L’Equipe si dedica alla “calcizzazione”, “un termine generico che non significa molto”, ma che descrive abbastanza bene il fenomeno.

“Alcuni, come Patrick Lefévère, direttore della Soudal-Quick Step, chiedono l’istituzione di un mercato sul modello del calcio, che permetterebbe di vendere corridori e creare entrate, cosa oggi vietata dall’Unione ciclistica internazionale. Altri sono preoccupati per il saccheggio dei giovani talenti da parte delle squadre più ricche, spesso sostenute da uno Stato, come quello che sta accadendo nel mondo del calcio. In ogni caso, il ciclismo è entrato in una nuova era e parte del cambiamento è avvenuto quando il mondo professionistico ha cominciato a guardare “giù”, verso le categorie giovanili.

L’evento che ha cristallizzato questa transizione è stato “la vittoria di Remco Evenepoel ai Mondiali Junior di Innsbruck nel 2018 e il suo successivo passaggio al World Tour con la Deceuninck-Quick Step. “Da allora è stata una merda”, dice un agente. Questo episodio ha creato una boccata d’aria fresca e ha costruito ponti tra i due mondi. Soprattutto perché per il suo debutto professionale, Evenepoel ha vinto la Clasica San Sebastian all’età di 19 anni. Lì tutti si sono voltati e si sono detti: ma cosa sta succedendo realmente con gli junior? ricorda Julien Thollet, responsabile di categoria presso la Federazione francese. È stata una scossa elettrica e tutto ha accelerato.

Per Frédéric Grappe, direttore del Groupama-FDJ, considera questo cambiamento naturale, dice che il ciclismo era “un passo indietro” e che ora “è coerente, in relazione allo sviluppo fisiologico e sportivo di un giovane atleta, il cui potenziale fisico e mentale può essere puntato al 90% a 17 anni”.

Ma si tratta di una corsa, brutale. Prima il percorso tradizionale era immutabile: un corridore imparava le lezioni negli junior, si univa a un buon club amatoriale nel DN1 e poi firmava con i professionisti. Oggi invece si fa subito il salto. La categoria U23 ha perso ogni spazio per esistere. Un’intera rete di club è quindi minacciata di scomparsa.

“È il selvaggio West”, dice Julien Thollet, capo della nazionale juniores francese. Ce l’ha soprattutto con la comparsa di squadre dai contorni vaghi che Michel Callot, presidente della Ffc, definisce squadre “ufo”. “Tradizionalmente, la Coppa delle Nazioni, la competizione principale della categoria, veniva organizzata, come suggerisce il nome, per paese. Ma se guardiamo alle ultime edizioni della Parigi-Roubaix, metà della top 10 delle gare non è per una nazione ma per squadre brandizzate, “infiltrate” da squadre World Tour. Decathlon-AG2R ha quindi una sezione U19 nel suo nome, la squadra Cannibal B Victorious è in realtà l’incubatrice del Bahrein, Auto Eder quella di Bora”.

In questa trasformazione gli agenti funzionano come innesco. “Oggi ci sono più agenti nelle gare junior che in quelle professionistiche”, si rammarica uno di loro. Oggi non c’è più un junior di 17 anni che non abbia un agente, e il fenomeno si sta estendendo anche ai migliori cadetti. Dall’estate 2023 l’Uci ha introdotto quote di formazione per i club, di 2.000 euro a stagione a partire dal quindicesimo anno del corridore, ma sono irrisorie.

“Il reclutamento in culla getta un’altra ombra – continua L’Equipe – quella delle carriere distrutte prematuramente. Gli esempi di Remco Evenepoel o Josh Tarling sono stati presi a modello, anche se sono solo eccezioni. Che dire di coloro che si trasferiranno così velocemente in una struttura prestigiosa da essere messi da parte, abbandonati dai loro agenti? Di quelli che nelle juniores saranno sopravvalutati e non si confermeranno mai? Che dire di tutti coloro che necessitano di una maturazione più lenta ma verranno espulsi molto presto? Tanti candidati a finire sul pavimento all’alba dell’età adulta”.

E allora il futuro potrebbe essere quello del tennis, invece del calcio: “passare tutta la carriera nella stessa squadra, con la quale si cresce. Si potrebbe così sviluppare la creazione di uno staff personalizzato attorno ai corridori. Un allenatore, un fisioterapista, un meccanico, un medico, un direttore sportivo, un nucleo attorno a un campione che viaggerà di squadra in squadra. Come i tennisti. Assumere un corridore significherà reclutare il suo management”.

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