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Il piccolo Di Lorenzo e gli altri “scontenti” da oggi si siedono accanto alla cattedra del maestro Conte

“Staranno vicino a me, qualcosa da fare la troviamo”: così Conte chiude l’era dei “mal di pancia”. Come l’anziana maestra abituata a gestire i bambini viziati

Il piccolo Di Lorenzo e gli altri “scontenti” da oggi si siedono accanto alla cattedra del maestro Conte

Al papà di Giovanni di Lorenzo non sarà successo, perché il piccolo Giovanni tradiva già a sei anni una propensione alla fatica da miniera sudafricana. Ma quale genitore non ha abbandonato una creatura frignante alla scuola calcio, al maestro di judo, al coach di basket? Un affidamento temporaneo quasi montessoriano: inutile che piangi, te la vedi col “mister”, ci vediamo tra un’ora, ciao ciao. Il trasferimento di responsabilità è uno step della crescita: vale per l’infanzia come per il professionista in carriera. Doveva arrivare Antonio Conte per ridare dignità alla “vecchia scuola” dello scappellotto, dell’avvicinamento coatto alla maestra. In un momento storico in cui ogni capriccio viene tradotto in “disturbo oppositivo provocatorio”, l’allenatore del Napoli fornisce una risposta che il calcio aspettava – resa così: limpida, immediata, efficacissima – dalla sentenza Bosman. La domanda era (di Chiariello, nella fattispecie della presentazione a Palazzo Reale): che si fa con i giocatori “scontenti”, con quelli che non vogliono restare a Napoli?

“Se uno non è contento poi sta con me, ogni giorno, di fianco a me. Gli racconto due cose, magari mi faccio aiutare. Se qualcuno non è contento, lo metto al mio fianco. Tutti e due troveremo qualcosa da fare per divertirci”.

Il ricatto non contemplato dalla contrattistica, la leva emozionale, disinnescato così. Voilà. “Oggi Khvicha sta con me, giocherà a fare il mio assistente. Tieni, Khvicha, distribuisci i coni a terra per la partitella a campo ridotto. Poi riempi le borracce”.

Il sottinteso, ma nemmeno tanto, è che il professionista è tale quando firma un contratto ma anche se poi lo rispetta senza battere i piedi in terra. E quindi basta con la retorica del “mal di pancia” che da sempre governa il mercato dei calciatori, un’arma contundente in mano a procuratori e parentame interessato al 10% di commissione. Basta forzature a distanza, pizzini a mezzo stampa dai ritiri delle nazionali, interviste dello zio-cugino opportunamente imboccato.

Antonio Conte ha l’immediatezza del “mister” abituato a gestire plotoni di mamme troppo accudenti, papà maniaci di tattica, e figli viziati. L’autorità della maestra impermeabile alle litanie, quella anziana, con i vecchi alunni che passano a ringraziarla per la cazziata che gli cambiò la vita 20 anni fa. La credibilità del vincente, dei fatti già protocollati a garanzia che – davvero – le chiacchiere stiano a zero. Di impostori che “fanno i fatti” solo a chiacchiere è pieno il mondo.

Di Lorenzo ha aspettato i 30 anni per ostentare un rigurgito di ribellione. Kvaratskhelia resta più cauto a dispetto del suo entourage. Ma i “sono grande ormai, decido io dove voglio giocare” hanno poco valore superata la scuola dell’obbligo. Conte ha parlato a tutti, spezzando una tiritera insopportabile. “Dove andate? State qui con me, qualcosa da farvi fare lo troviamo… Ci divertiremo”. Abbiamo già cominciato.

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