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Il Telegraph chiede il ritiro “coatto” di Murray: «Si sta facendo del male, basta»

“Il suo agonismo compulsivo rasenta l’irrazionale. Ormai le sue partite sono una finestra sul dolore. Si fermi. E il tennis si domandi se non va cambiato qualcosa”

Il Telegraph chiede il ritiro “coatto” di Murray: «Si sta facendo del male, basta»
Britain's Andy Murray reacts during the men's singles match between Britain's Andy Murray and France's Gilles Simon on day one of the ATP World Tour Masters 1000 - Paris Masters (Paris Bercy) - indoor tennis tournament at The AccorHotels Arena in Paris on October 31, 2022. (Photo by Christophe ARCHAMBAULT / AFP)

Murray s’è fatto male. Di nuovo. “La parte più notevole del dramma di Andy Murray al Queen’s è il modo in cui sembrava imperturbabile di fronte all’intera faccenda”, scrive il Telegraph. “Se tu o io avessimo sentito la nostra gamba destra perdere improvvisamente coordinazione, controllo e forza dal nulla, ci avrebbe preso un senso di panico”. Invece a lui niente. Per Murray “sembrava che quella fosse solo un’altra giornata in ufficio”.

Però a questo punto Simon Briggs, la prima firma del tennis del Telegraph, fa un salto in avanti. E invoca una sorta di ritiro “coatto” per il grande scozzese. Basta, si sta facendo del male da solo e non lo capisce.

L’intera conferenza stampa successiva, scrive, “è stata una finestra su un mondo di dolore. Ha rivelato quanto questo tipo di esperienza sia diventato normalizzato nella vita di Murray. E come la sua compulsione a competere possa a volte rasentare l’irrazionale. Il mal di schiena, non dimentichiamolo, è una costante da quasi 15 anni. Eppure, sembra in grado di escludere la sofferenza con la stessa facilità con cui uno che vuole dormire si mette i tappi nelle orecchie”.

Ricordiamo che Murray gioca con un anca di metallo. E solo per restare al 2024 s’è rotto due legamenti della caviglia. È nato con una rotula bipartita (una condizione congenita in cui la rotula è divisa in due pezzi), mentre i suoi problemi all’anca suggeriscono che potrebbe aver sviluppato anche una displasia alla colonna vertebrale. Ma niente di tutto questo ha impedito a Murray di battere per 29 volte i cosiddetti Big Three, Federer, Nadal e Djokovic, e di vincere tutto quello che ha vinto, ori olimpici compresi. Ha 37 anni. A Wimbledon hanno già pronto il cerimoniale nel caso intendesse annunciare lì l’addio al tennis.

“Il tennis è uno sport davvero, davvero duro – ha ripetuto lui – Quando inizi a invecchiare, il tuo corpo ha molti segni di usura. Tutti i tennisti hanno una sorta di degenerazione delle articolazioni e cose del genere nella schiena”.

“La domanda più grande – scrive il Telegraph – è perché abbia continuato a combattere così duramente una volta che la gloria è svanita e i riflettori si sono spostati sui più giovani. Sì, Murray ama dimostrare che le persone si sbagliano. Ma non sembrava esserci grande soddisfazione nel raggiungere il secondo turno di major. Da dove nasce questa motivazione quasi masochistica? A rischio di fare gli psicologi dilettanti, magari da qualche luogo oscuro nella sua psiche”.

Per Murray il dolore fisico è sempre stato più sopportabile di quello emotivo. Ma ci deve essere un limite, anche per lui”. E per il Telegraph deve servire da lezione “per il tennis nel suo insieme, le sue difficoltà dovrebbero servire da ammonimento. Gli incontri al meglio dei cinque set sono davvero sostenibili a lungo termine? Il ritmo e l’intensità del gioco non hanno raggiunto un punto in cui la salute dei giocatori viene inevitabilmente compromessa? Ricorda che il formato fu ideato nel 1870, in un’epoca in cui le donne indossavano crinoline e gli uomini raramente si muovevano più velocemente di una passeggiata”.

“Si spera che Murray possa godersi la sua vita post-tennis senza quel tipo di inevitabile dolore quotidiano che affligge così tanti giocatori di rugby”. “Stiamo già vedendo la prossima generazione – gente come Carlos Alcaraz e Jannik Sinner – subire infortuni con preoccupante regolarità. Forse è giunto il momento di guardare alle esigenze di questo sport apparentemente signorile”.

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