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Le big assumono Maresca o Thiago Motta e non Mourinho perché l’ignoto è l’unica merce che si vende (Guardian)

“Invece Mourinho va in Turchia perché il disagio è il suo santuario, i casini sono il suo collegio elettorale. Sai già come va a finire, ma è ancora affascinante”

Le big assumono Maresca o Thiago Motta e non Mourinho perché l’ignoto è l’unica merce che si vende (Guardian)
Cm Torino 30/12/2023 - campionato di calcio serie A / Juventus-Roma / foto Cristiano Mazzi/Image Sport nella foto: Jose’ Mourinho

“Cos’è l’ambizione? Avere un club londinese e lottare per essere sesto, settimo, ottavo, nono? Far sì che una squadra in Italia resti quinta, sesta, settima? Essere in Portogallo? L’ambizione è giocare per vincere. L’ambizione è sentire il calore. Per me Fenerbahce significa ambizione”. 

“Come i migliori attori, parte del fascino residuo di Mourinho è il modo in cui riesce ancora a dire queste cose e sembrare che le dica sul serio”. Ed è il motivo, scrive Jonathan Liew sul Guardian commentando la nuova avventura in Turchia di Mou, che lo rende – all’età di 61 anni, con i suoi migliori anni da allenatore ormai alle spalle – un obiettivo così irresistibile per marchi e sponsor”.

Ma l’analisi del Guardian va più a fondo del puro folklore. C’è un altro motivo se in un’estate in cui cambiano allenatore Chelsea, Barcellona, ​​Bayern Monaco, Liverpool, Ajax, Manchester United, Brighton, West Ham, Marsiglia, Juventus e Napoli il nome di Mourinho non è mai stato accostato a nessuno. “Se si esaminano alcuni degli allenatori pubblicizzati per questi incarichi: uomini come Vincent Kompany ed Enzo Maresca e Kieran McKenna e Thiago Motta che sono ancora praticamente tutti potenziali, la cui reputazione si basa su una o due stagioni promettenti e sull’inebriante elisir della novità”.

“E in un’epoca in cui i club traggono sempre più entrate non solo dagli incassi ma dall’ingaggio, non solo dalla capacità del loro stadio ma dal tipo di storia che possono vendere al pubblico, c’è un valore tangibile nel poter offrire l’impressione di rinnovo. Alcuni o tutti quelli sopra elencati potrebbero rivelarsi ottimi allenatori. Ma in questo momento la parte cruciale – la parte vendibile – è che non lo sappiamo”.

Invece “con Mourinho lo sappiamo, o almeno pensiamo di saperlo. Già quando arriva, puoi vedere i contorni di come andrà a finire, identificare le faglie che un giorno si trasformeranno in spaccature mortali, individuare le debolezze che un giorno Mourinho brandirà come scuse”.

“I tifosi del Fenerbahce che domenica sono accorsi a decine di migliaia allo stadio Sukru Saracoglu adorano già Mourinho come una divinità e si aspetteranno imprese divini in cambio della loro devozione. Non è sufficiente semplicemente vincere; devono vincere con dispetto: sostenere ed emozionare, sminuire i rivali e contestare gli arbitri, urlare di cospirazioni e corruzioni. Questo ovviamente è il collegio elettorale di Mourinho, il suo santuario. Il disagio è il suo conforto. Questo è il motivo per cui il riyal saudita e il dollaro della Major League Soccer gli interessavano poco. Un calderone ribollente; uno stadio gremito; un club sufficientemente affamato di successo da sospendere ancora una volta la sua incredulità. Un accordo biennale, che sembra il massimo dell’ottimismo da entrambe le parti. Si comincia sempre allo stesso modo. Finisce sempre allo stesso modo. È la parte in mezzo che ancora affascina, l’atto di pura fede, la convinzione – contro tutte le prove disponibili – che questo viaggio varrà la pena”.

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