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Lo scudetto del Napoli fa male alla salute

Sia Spalletti che De Laurentiis sono entrati in una dimensione di onnipotenza. Vittime della narrazione di Napoli sempre intrisa di straordinarietà. Conte ne stia lontano

Lo scudetto del Napoli fa male alla salute
Mg Napoli 04/06/2023 - campionato di calcio serie A / Napoli-Sampdoria / foto Matteo Gribaudi/Image Sport nella foto: Aurelio De Laurentiis-Luciano Spalletti

Lo scudetto del Napoli fa male alla salute. Oppure a Napoli lo scudetto logora chi lo vince. Nella conferenza stampa di presentazione, Antonio Conte non ha lesinato critiche alla gestione della vittoria. A dir poco disastrosa. Un disastro che ha colpito praticamente tutti. Innanzitutto i due principali protagonisti: De Laurentiis e Spalletti. Entrambi sprofondati in una dimensione di onnipotenza da cui sono usciti devastati. Di De Laurentiis abbiamo scritto in lungo e in largo. Ha realmente creduto che potesse fare tutto: dall’allenatore al direttore sportivo fino al mental coach. È finita come sappiamo. Per fortuna esiste il De Laurentiis che alla lettura del bilancio di previsione è improvvisamente rinsavito. E ha chiamato Antonio Conte e la sua band.

Anche Spalletti si è ammalato di scudetto del Napoli. Dal giorno dopo, si è messo a pontificare, a spiegare il calcio da un pulpito che i media gli avevano allestito. Non vedeva l’ora il signor Luciano, a lungo etichettato come magnifico perdente e incapace di superare i propri limiti nervosi. Non vedeva l’ora di andare in tv e dichiarare che no, il calcio non è semplice. Così come non vedeva l’ora, dopo il 5-1 impartito alla Juventus, di inseguire Allegri per quella stretta di mano così plateale da andare oltre il provincialismo: siamo nei dintorni della sudditanza psicologica. A ogni sua predica mediatica, veniva da dire: “sì Spalletti ma in fondo hai vinto uno scudetto nella tua vita, vuoi vedere che ora il calcio lo hai scoperto tu?”. E non stiamo qui a scandagliare le circostanze che hanno favorito quell’evento perché ogni vittoria si nutre di circostanze favorevoli e uniche.

Doveva essere lo scudetto della normalità, invece…

Il problema è Napoli. È il perenne carattere di straordinarietà che avvolge ogni fenomeno avvenga da queste parti. Spalletti e De Laurentiis hanno vinto lo scudetto a Napoli? È come se avessero ridato la vista ai cecati (ai ciechi). Sono stati immediatamente proiettati nell’iperuranio. Perché Napoli si nutre di iperboli. Come se si fosse compiuta un’impresa impensabile, oltre la fantascienza. È vero che si era vinto solo con Maradona. Ma non è che Liedholm dopo la vittoria dello scudetto a Roma, si è messo a impartire lezioni di calcio. Vale per Bagnoli a Verona. Per Rehhagel dopo l’Europeo con la Grecia.

Lo stesso De Laurentiis, invece di affermare il principio che lo scudetto è stata la vittoria della normalità, logica conseguenza di un decennio vissuto ai vertici e di una struttura imprenditoriale oculata, ha buttato tutto a mare e si è comportato da guitto. Dev’esserci qualcosa nell’aria.

È da quest’aria deve proteggersi Antonio Conte oggi idolatrato in città. Perché anche in questo, Napoli ha una sua unicità: ha scoperto Conte l’altro giorno, in conferenza stampa. Come se l’uomo non fosse stra-conosciuto. Tutto quel che avviene fuori Napoli, è come se non esistesse. Conte la sa troppo lunga per non sapere che al primo pareggio tutta questa euforia sparirà. Maneggi con cura il populismo: è un’arma pericolosa, a doppio taglio. Se vuole sapere qualcosa di Napoli, parli solo con una persona: Ottavio Bianchi. E basta. L’etica del lavoro lo salverà. È il miglior uomo possibile per questo Napoli, per distacco. Ma stia lontano dalla retorica della straordinarietà, dell’unicità. È la cosa più semplice da fare, lo sappiamo, anche per raccattare facile consenso. Ma è consenso volatile. Oggi c’è, domani si trasforma in #Conteout. Si batta per dare seguito a quel che ha detto in conferenza: lavorare per provare a trasformare la vittoria in un evento non diciamo normale ma che tenda alla normalità.

E la normalità non è certo vedere questore, sindaco, presidente della Regione (non sappiamo se alla fine il prefetto sia andato oppure no) alla presentazione di un allenatore di calcio. Affidiamo la città all’arcivescovo Battaglia e al procuratore Gratteri che ci sembrano gli unici due rappresentanti istituzionali che si sono tenuti lontani dall’evento. Quanto più Napoli si allontana da questa insopportabile narrazione della straordinarietà, tanto più potrà avvicinarsi alla vittoria non diciamo con consuetudine. Ma quasi.

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