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Marchisio: «Conte ci fece allenare alle 10:30 di sera. Correvamo in mutande e Gps per il caldo, Matri rischiò l’infarto»

«Andammo in ritiro a Philadelphia, atterriamo lì a ora di cena e, invece di andare in albergo, ci porta a correre nonostante il fuso orario».

Marchisio: «Conte ci fece allenare alle 10:30 di sera. Correvamo in mutande e Gps per il caldo, Matri rischiò l’infarto»
Db Milano 07/04/2021 - campionato di calcio serie A / Inter-Sassuolo / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Antonio Conte

Claudio Marchisio, ex centrocampista della Juventus di Antonio Conte, ha raccontato gli allenamenti del tecnico salentino in un’intervista a Giulia Mizzoni. Un simpatico aneddoto per i tifosi, non certo per i giocatori. Tutti sanno che la preparazione di Conte è tra le più dure. Si ricordano ancora le immagini dei giocatori del Tottenham in tourneé negli States. Pochi sanno che questo è sempre stato il metodo Conte. Lo conferma appunto Marchisio, suo ex giocatore.

Marchisio: «Correvamo solo in mutande e in Gps»

Le parole dell’ex juventino:

«Il primo anno in ritiro con lui andammo a Philadelphia, beccammo 10 giorni di caldo infernale, con tanta umidità. Atterriamo lì a ora di cena, per maltempo rimaniamo aeroporto, erano le 10.30 di sera. Pensavo di andare in albergo a mangiare velocemente e poi a dormire perché all’indomani mattina ci sarebbe stato l’allenamento».

«Invece arriviamo e non vediamo nessun albergo». Marchisio continua a raccontare: «Alle 10:30 Conte ci aveva portati a correre, nonostante il fuso orario e tutto quanto. Noi correvamo solo in mutande e in Gps, a causa del caldo. C’era Matri, ma anche altri, che avevano quasi 200 battiti e il preparatore atletico li chiamò e li fece fermare perché rischiavano l’infarto. Ausilio mi raccontò la stessa cosa sul primo ritiro dell’Inter in Indonesia. Arrivarono la sera tardi e fecero allenamento a mezzanotte. Poi il giorno dopo alle 6 del mattino altro allenamento. E’ la sua mentalità».

Conte dovrà essere uomo di feroce rottura con le napoletanerie, altrimenti sarà travolto

Le parole del ragioner Ugo Mamuka Jugeli hanno ravvivato un’altrimenti sonnolenta domenica sera di mezza estate. Tralasciando la scarsa efficacia delle affermazioni, che sono un grido di dolore ed una manifesta incapacità. Come accade da circa un ventennio a questa parte, ogni dichiarazione, ogni spiffero, ogni refolo di vento solleva l’intero arco costituzionale del tifo napoletano, scatenando risse social, che sono il segnale di quanto la chiacchiera intorno al calcio abbia sostituito le vibranti passioni ed i fragorosi fallimenti della politica attiva da parte dei cittadini.

Nelle varie correnti che animano il Partito Napoli, si fanno largo a spintoni, sempre più dominanti, sempre più ottusamente machisti, i celoduristi di bossiana memoria. Un leghismo d’antan, quello autentico, non annacquato dal salvinismo fatto di patch, citofonate e figuracce. I vecchi “cumenda” lumbard brillantemente hanno sintetizzato il tutto nel motto: “lavoro, pago, spendo, pretendo”. La proposta dell’ala durista è tanto basic quanto scontata: panchiniamo Kvara. Lo teniamo in ostaggio tre anni. Tanto il contratto è lungo, costa anche poco. Lui perde tre anni di carriera. Linea dura insomma, ma che in verità nel recente passato non ha prodotto grossi risultati. [L’articolo di Venio Vanni continua qui]

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