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Oronzo Canà compie 40 anni. Lino Banfi: «Alcune squadre mi offrirono la panchina»

Sul Corrmezz. Il compleanno de “L’allenatore nel pallone”: «Canà appartiene alla mitologia. Falcao faceva il mollicone con mia figlia»

Oronzo Canà compie 40 anni. Lino Banfi: «Alcune squadre mi offrirono la panchina»

Oronzo Canà compie 40 anni. Lino Banfi: «Alcune squadre mi offrirono la panchina». Lino Banfi intervistato dall’edizione pugliese del Corriere del Mezzogiorno in occasione dell’anniversario de “L’allenatore nel pallone” diventato nel corso degli anni un film cult.

Si comincia parlando di Luciano Spalletti.

«Siamo calvi entrambi – evidenzia Lino Banfi, che quando parla di calcio diventa incontenibile –, entrambi facciamo voli pindarici per dire cose semplici, questo è vero. La prendiamo alla larga, come dicono a Roma. Io nel mio slang, con cui nel film volevo dire che il calcio appartiene davvero a tutti, soprattutto a chi crede di non amarlo e di non esserne contagiato dalla passione. Lui nel suo tentativo di elevare concetti semplici, uno sforzo che sinceramente apprezzo molto: perlomeno, in un mondo molto appiattito verso il basso e in un ambiente come quello del pallone in cui la comunicazione molto spesso è meno che basica, Luciano Spalletti è uno che cerca di elevare ragionamenti e conclusioni. Però – ammonisce – le similitudini finiscono qui, perché lui è un grande allenatore e uno straordinario motivatore, un costruttore di gioco come pochi ce ne sono al mondo, mentre io nei panni di Oronzo Canà ero solo un cialtrone dotato di un po’ di coraggio e forse di tenacia».

Ma lei a quell’amorevole cialtrone deve moltissimo, se non tutto.

«Calma, gli devo senza dubbio molto. Ma non esageriamo. Prima dell’Allenatore nel pallone avevo già fatto moltissimi film, compreso Vieni avanti cretino. Che mi dicono essere il film più utilizzato per meme e reel in Italia, questi nuovi codici per trasmettere i nostri stati d’animo sui social».

Falcao

«Era nata una bella amicizia con Falcao, anche se nel film ne ho un po’ strapazzato il cognome dicendo a un certo punto “Falcao, Falcon, come chezzo si dice”… ».

Quindi, che succede?

«Che questo ragazzone brasiliano s’innamora della mia famiglia, oltre a fare un po’ il mollicone con mia figlia Rosanna (…) un giocherellone come Falcao avrei anche potuto averlo come genero. Chissà che sarebbe successo con una coppia come la nostra. Poi le cose sono andate diversamente, ed è stato meglio per tutti che ciascuno abbia preso la propria strada».

C’è stato anche un momento in cui qualcuno la prese persino sul serio?

«Ci furono un po’ di presidenti di squadre minori, soprattutto tra i dilettanti, che in maniera provocatoria e goliardica mi offrirono la panchina delle proprie squadre. Insomma di fare l’allenatore per davvero».

E lei come reagì?

«Non scherziamo, se esistesse davvero uno squinternato come Oronzo Canà bisognerebbe bonariamente preoccuparsi. Oddio, con la sua “B Zona” oggi potrebbe addirittura fare scuola ad allenatori blasonati che forse non hanno più niente da dire e
non se ne accorgono. Ma Oronzo Canà appartiene alla mitologia, è un’icona del qualunquismo che diventa talento e del coraggio che proietta le persone oltre ogni limite. Ma se la seconda caratteristica è anche molto positiva, la prima resta un limite invalicabile». 

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