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Pogacar è il Michael Jordan del ciclismo, ha un ingaggio da calciatore, è un personaggio globale

Libero intervista il suo manager Alex Carera: «la borraccia passata al Giro al ragazzino è un gesto iconico»

Pogacar è il Michael Jordan del ciclismo, ha un ingaggio da calciatore, è un personaggio globale
Team UAE's Slovenian rider Tadej Pogacar celebrates as he crosses the finish line to win the 8th stage of the 107th Giro d'Italia cycling race, 152km between Spoleto and Prati di Tivo, on May 11, 2024. (Photo by Luca Bettini / AFP)

Pogacar è il Michael Jordan del ciclismo, ha un ingaggio da calciatore, è un personaggio globale. Libero intervista Alex Carera manager del fuoriclasse sloveno che è alla ricerca della doppietta Giro-Tour che manda dal 1998 anno di grazia di Marco Pantani.

Nella stanza dei bottoni di questo fenomeno del ciclismo siede Alex Carera, che assieme al fratello Johnny è titolare e fondatore di A&J All Sports, agenzia di sport management che ha seguito fuoriclasse di tutte le discipline.

Qualcuno sostiene che il suo dominio al Giro abbia tolto interesse alla Corsa Rosa.

«C’è un dato che dimostra il contrario. Hanno venduto più maglie rosa ufficiali quest’anno che in tutti i tre anni precedenti messi assieme. Addirittura il patron dell’azienda che le produce mi ha chiamato per chiedermi se ne avevo una autografata da Pogi, perché neanche lui è riuscito a trovarla».

Lei come ha scoperto il fenomeno Pogacar?

«Aveva 18 anni, lo vidi vincere il Giro della Lunigiana 2016 con una bicicletta, una Billato, che solo dopo ho scoperto pesare un paio di chili in più di quella dei rivali. Chiamai subito il suo ds e mio ex atleta, Andrej Hauptmann, e dopo pochi giorni siamo andati a casa sua in Slovenia, a Komenda: sono bastati dieci minuti per firmare il contratto».

Qualche invidia potrebbe esserci, visto il suo ingaggio faraonico, da calciatore.

«L’ingaggio pagato dal team Uae Emirates è di 6 milioni (ci sono le trattative per il rinnovo a 8, ndr), con i vari bonus fra vittorie nei Grandi Giri (500mila euro al Giro, 1 milione al Tour), sponsor (1,5 milioni), diritti sul merchandising (circa 500mila euro) si arriva a circa 10 milioni».

Pogacar è un personaggio noto anche a chi non segue il ciclismo

Un’azienda…

«Tadej ha uno stipendio da numero uno perché al mondo è un unicum, fra vittorie e comunicazione: è un combo che lo rende noto anche a chi non segue il ciclismo. Essere esploso da giovane e in era social ha fatto il resto. Lo paragonano spesso a Merckx ma è un’altra cosa, per la personalità con cui sta nel plotone. Ed è un personaggio, la borraccia passata al Giro al ragazzino che lo segue a piedi è già un gesto iconico. E in effetti io gli ho proprio detto che è un’azienda».

«Con le dovute proporzioni, Pogi per me è il Michael Jordan del ciclismo, è un personaggio globale per il quale abbiamo organizzato eventi dalla Colombia alla Cina e a fine stagione punteremo agli Usa. Nel mondo delle due ruote non si è mai visto qualcuno per cui abbiano creato linee di scarpe, occhiali e caschi con un successo così clamoroso. Per avere il suo modello di scarpe ad oggi ci sono 5 mesi di attesa».

È fissato anche col cibo?

«No, assolutamente. Ovviamente segue le indicazioni del nutrizionista, ma se per esempio Jannik Sinner ha dichiarato di non bere alcolici, Pogi come ogni buon ciclista brinda dopo le vittorie. E poi non transige sulla vera carbonara».

La “vera”?

«Lui la mangiava sempre con la pancetta, dopo una Sanremo il cuoco italiano del team gli ha regalato un pezzo di guanciale e da allora è impazzito. A me però di lui fa impazzire il “cuore d’oro” (Ha aperto una fondazione che raccoglie fondi per la ricerca contro i tumori, in ricordo della mamma della fidanzata)».

Un Pogacar italiano c’è all’orizzonte?

«Al momento no, purtroppo. E mi fa male dirlo, ma in Slovenia hanno programmi e strutture per lo sviluppo dello sport giovanile che in Italia neanche immaginiamo».

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