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Povero Vannacci, l’Italia figlia dell’immigrazione domina agli Europei di atletica (Repubblica)

Scrive Karima Moual: è la notizia più bella e politica della giornata. Una lezione per le ridicole posizioni sulla purezza del dna italiano

Povero Vannacci, l’Italia figlia dell’immigrazione domina agli Europei di atletica (Repubblica)
100m silver medallist Italy's athlete Chituru Ali, 100m gold medallist Italy's Lamont Marcell Jacobs and 110m hurdles gold medallist Italy's Lorenzo Ndele Simonelli pose with flags during the European Athletics Championships at the Olympic stadium in Rome on June 8, 2024. (Photo by Andreas SOLARO / AFP)

Povero Vannacci, l’Italia figlia dell’immigrazione domina agli Europei di atletica (Repubblica).

Non possiamo non riportare – con bandiere direbbe Paolo Franchi – l’articolo che per repubblica.it ha scritto Karima Moual sul dominio dell’Italia multietnica agli Europei di atletica leggera con le vittorie di Jacobs, Crippa, Simonelli, i secondi posti di Alì, Furlani.

Moual sottolinea giustamente la ridicolaggine di posizioni che puntano “alla ricerca di una purezza dell’italianità del dna”.

Ecco i primi due capoversi dell’articolo:

Non so in questa ultima giornata elettorale come la prenderanno i Vannacci, i loro fratelli, cugini e amici al governo – costruttori della narrativa sul pericolo della “sostituzione etnica”, e ideatori di una nuova branca nell’armocromia, quella sulle sfumature e gradazioni del colore della pelle, per decretare il segmento dell “l’italianità” dei cittadini con origini straniere; ma vorrei sommessamente far notare che è grazie ai “ nuovi italiani”, i figli appunto dell’immigrazione, nelle sue gradazione di colori, che l’Italia sta dominando gli europei.

E’ obiettivamente la notizia più bella e politica della giornata. Bella perché la bandiera italiana attraverso i suoi campioni viene tenuta alta con la vittoria. Ma anche tanto politica, perché a tenerla alta sono anche e soprattutto i “nuovi italiani” sui quali da ormai troppi anni, la politica si divide. Tra chi prova timidamente a convincere che l’integrazione è l’unico strumento a nostra disposizione per costruire una società coesa e anche competitiva, e chi non ne vuole sapere di riconoscerli come tali, e quindi non solo li ignora ma intossica il processo della loro integrazione, giocando alla divisione e parallelamente rendendo anche il processo dall’acquisizione di quel foglio di carta che è la cittadinanza un percorso a ostacoli.

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