Sul Corsport: subito rottamati McKennie, Iling-Junior, Miretti e Chiesa. Douglas Luiz al posto di Locatelli. Dei titolari ne restano quattro
Thiago Motta arriva e rivoluziona la Juventus: non era da scudetto la squadra di Allegri? Lo scrive, giustamente, Ivan Zazzaroni direttore del Corriere dello Sport.
Per dieci mesi mi hanno frantumato i cabasisi sostenendo che la Juve di Allegri fosse da scudetto, nonostante in estate avesse acquistato soltanto Weah jr e richiamato Cambiaso, prima di perdere Pogba e Fagioli, uno per doping e l’altro per scommesse. Ora, dopo un terzo posto, una coppa Italia, la qualificazione alla SuperChampions e l’accesso al Mondiale Club e alla Supercoppa Italia, da Bologna via Cascais arriva Thiago Motta, e che fa? Per avviare il nuovo ciclo e provare a far meglio del predecessore, ne cambia – o chiede di cambiarne – cinque o sei. Su undici.
La rivoluzione di Thiago Motta
Ma come? E la Juve da scudetto di Max? Rottamata, almeno nelle intenzioni: via Szczesny, ma solo perché costava troppo e con i piedi non vale Di Gregorio (a me continuano a piacere i portieri bravi con le mani); via anche McKennie, Iling-Junior e possibilmente Miretti e Chiesa. E dentro? Di Lorenzo (ma Conte non ci sta), Calafiori per Gatti (ma il Bologna non ci sta), Douglas Luiz per Locatelli (quest’ultimo può far parte della mediana a due), e Greenwood, e Koopmeiners, e possibilmente Zirkzee, tanto caro a Thiago. Se andasse tutto a dama, dei titolari sopravviverebbero Bremer, capitan Danilo (forse), Vlahovic e Cambiaso. Di Kostic non si hanno ancora notizie certe. Bravissimo TM, Thiago Motta, è così che si fa: l’allenatore ambizioso deve incidere sulla costruzione della squadra, se sta a guardare e tace prima o poi la paga.
Cazzullo: «Preghiamo che Thiago Motta alla Juve non faccia la fine di Maifredi»
Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera risponda alla lettera di un lettore che chiede come l’Atalanta vincitrice dell’Europa League contro il Leverkusen abbia perso la finale di Coppa Italia contro la Juventus. Il giornalista come il Napolista quando all’indomani della Coppa Italia avevamo scritto che Thiago Motta alla Juve ricorda l’arrivo di Maifredi.
Ora alla Juve arriva Thiago Motta, uno che la pensa come Guardiola e Alonso. Magari farà benissimo. Però Nils Liedholm, il più grande allenatore degli anni 70 e 80, una volta mi disse che le squadre hanno un loro Dna, una mentalità, una cultura. L’Inter ad esempio, da Herrera a Mourinho passando per Trapattoni, è quasi sempre stata una squadra all’italiana, difesa e contropiede; mentre il Milan, da Rivera agli olandesi, era più portato a fare gioco.
Quando la Roma di Liedholm (e poi quella di Eriksson) veniva a giocare a Torino con la Juve, dominava la partita; Di Bartolomei saliva a centrocampo, Bruno Conti rientrava, in mezzo Falcao, Ancelotti, Prohaska e poi Toninho Cerezo avevano sempre la palla loro. Poi Platini lanciava Boniek in contropiede, e segnava la Juve. Che era più forte della Roma, ma spesso la subiva, perché questa era la mentalità della squadra di Trapattoni, come di quella di Parola e dello stesso Allegri: costruiamo intanto una barriera difensiva; il gol prima o poi arriva. Maifredi e Sarri (che pure vinse lo scudetto) non hanno funzionato. Preghiamo che Thiago Motta non faccia la stessa fine.