L’Equipe: “dietro alla sua crescita politica ci sono i genitori aperti a discutere”. Insieme a lui anche altri sportivi come Yannick Noah
In Francia hanno fatto discutere le dichiarazioni di Thuram, appoggiate poi da Mbappé, contro l’estrema destra. Una posizione politica che la federcalcio francese ha chiesto di evitare.
L’Equipe ricostruisce la formazione politico-culturale di Thuram, che lo ha portato a prendere posizione in conferenza.
“Il mondo è un posto pericoloso in cui vivere. Non per le persone che fanno il male, ma per coloro che guardano e lasciano che accada“. Marcus Thuram probabilmente conosce a memoria questa citazione di Albert Einstein. Per mesi, per anni, è stata il fondamento della sua famiglia. Una famiglia di sportivi, decisamente diversa dalle altre.
Con le sue dichiarazioni, Thuram ha mandato “un messaggio raro e chiaro che può essere analizzato solo attraverso i flashback. Bisogna fare un lungo viaggio da Paderborn alla natia Italia e poi alla Spagna per capire come, 26 anni dopo, Marcus Thuram sia diventato uno sportivo di alto livello capace di assumere una posizione politica.
Al Parma o al Barcellona, seguendo la carriera del padre, il futuro attaccante è stato immerso in un ambiente multiculturale. Qui, nei giardini o sui campi di allenamento, Marcus non era ancora il “figlio di”, ma un bambino birichino e sorridente capace di radunare attorno a sé decine di bambini in pochi minuti.
Thuram, con la sua precoce padronanza di tre lingue, era già una forza unificatrice. Nella scuola internazionale in cui è stato iscritto prima di arrivare a Parigi all’età di 10 anni, il primogenito Thuram si è confrontato con peruviani, messicani, australiani e persone provenienti da tutto il mondo. Un cittadino del mondo? Il cliché è trito e ritrito, ma Marcus ha vissuto un’infanzia simile. Questo mix, in un ambiente sociale molto privilegiato, probabilmente non avrebbe fatto molto per formare la sua personalità e le sue convinzioni senza il resto. A casa, i genitori di Thuram lo tengono d’occhio. L’ex difensore dei Blues, che ha dato al figlio il nome di Marcus Garvey, attivista giamaicano e precursore del panafricanismo, gli fa da guida. In salotto, sul tavolo sono disposti libri e discorsi di Malcolm X, Martin Luther King e Nelson Mandela”.
Dietro alla crescita culturale di Thuram ci sono quindi i suoi genitori «sempre propensi a discutere, dibattere. Gli hanno trasmesso il desiderio di pensare e di fare domande», spiega un amico di famiglia. Gli hanno, una curiosità intellettuale.
La coscienza civica di Thuram non nasce dallo studio e dai libri, ma “dal dialogo costante con il padre su varie questioni sociali“.
Thuram non è il solo a schierarsi
Ma Thuram non è stato l’unico a prendere una posizione politica. In un articolo pubblicato dall’Equipe e ripreso da Le Parisien, alcuni sportivi francesi hanno detto la loro a proposito delle elezioni politiche anticipate.
“Il loro messaggio è chiaro: «Votiamo contro l’estrema destra, che ha appena ottenuto un risultato storico alle elezioni europee».
Da Brahim Asloum (pugilato) a Ysaora Thibus (scherma), senza dimenticare Marion Bartoli e Yannick Noah (tennis), François Gabart (vela), Julien Lizeroux (sci) e Yohann Diniz (atletica), più di 150 sportivi ritirati o ancora in attività hanno scelto di parlare con una sola voce: «Come sportivi professionisti, allenatori e decisori, non possiamo rassegnarci a vedere l’estrema destra prendere il potere nel nostro Paese».
«Lo sport ci ha dimostrato che nonostante le nostre differenze – colore della pelle, religione, accento, cultura, orientamento sessuale, disabilità, genere – siamo tutti parte della stessa squadra e che la nostra diversità è un punto di forza- si legge ancora nella lettera. Facciamo appello a tutte le persone appassionate di sport affinché si mobilitino contro l’ascesa dell’estrema destra».