A La Stampa: «La sostanza è nella lista Wada antidoping, tocca a loro controllare, il sistema dovrebbe essere lo stesso per tutti»
Ceccon e i 23 cinesi positivi poi assolti: «Non mi fido più del sistema antidoping». Lo ha detto nell’intervista a La Stampa (a firma Giulia Zonca).
Il caso dei 23 cinesi trovati positivi e poi assolti per una presunta contaminazione da cibo le ha tolto fiducia nel sistema antidoping?
«Il dorsista cinese più forte non era nella lista e non sto dicendo che quella famosa lista sia la prova di doping, però l’intera modalità con cui è stato gestito il caso lascia molto perplessi. La sostanza è nella lista Wada antidoping, tocca a loro controllare, il sistema dovrebbe essere lo stesso per tutti invece si scopre che lì un’inchiesta lampo viene aperta e chiusa senza che nessuno ne sappia nulla. Poi ci dovremmo fidare? A me a maggio hanno fatto due controlli nella stessa settimana, per esempio, a loro capita?»
Ceccon e la mancanza di fiducia nel sistema antidoping
Quindi non si fida.
Ceccon: «No ed è grave non poterlo fare. Poi: se prendi una sostanza dopante, per qualsiasi motivo, anche inconsapevolmente, mettiamo… Non è possibile che ti venga lasciato il permesso di gareggiare dopo. Non torna».
Gli Usa hanno protestato ufficialmente, hanno aperto una inchiesta parallela, Phelps ha testimoniato le sue perplessità davanti alla corte federale. Si aspettava una presa di posizione dall’Italia?
«Che cosa avrebbe cambiato? Altre federazioni si sono mosse, vero, però non vedo la differenza. I cinesi, li avevano trovati positivi tre mesi prima dei Giochi a Tokyo, ormai quel caso è andato. Resta il senso di disuguaglianza nei trattamenti. Non ci penso, non mi è utile e poi devo smetterla di dire tutto quello che penso».