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Corvino: «Spalletti parla di mancanza di intensità. Conte alla sua Italia l’intensità la diede» (Corsport)

Il dirigente del Lecce risponde alle accuse: «Sei anni fa Conte, che aveva anche gente che giocava al contrario, ci mostrò qualcosa di diverso»

Corvino: «Spalletti parla di mancanza di intensità. Conte alla sua Italia l’intensità la diede» (Corsport)
FIORENTINA-NAPOLI SERIE A Db Firenze 29/08/2010 - campionato di calcio serie A / Fiorentina-Napoli / foto Daniele Buffa/Image Sport

Il Corriere dello Sport ha raccolto lo sfogo di Pantaleo Corvino, a dir poco furioso per le parole rilasciate dal presidente della Figc Gravina all’indomani dell’Euroflop dell’Italia. Il dirigente del Lecce, non ha digerito in particolare l’accusa di “abuso di stranieri nelle giovanili”

 «Il mio è un grido di dolore. In tutte le trasmissioni mettono in evidenza il risultato della nostra Primavera, gli undici stranieri, come se fossimo il male assoluto, l’origine del fallimento della Nazionale. Ma stiamo scherzando? Io l’untore? Questa demonizzazione del Lecce è un insulto all’intelligenza. Io non sono l’untore e il nostro è un modello che andrebbe seguito».

Spiegarlo alla gente non è semplice, soprattutto oggi.

Corvino: «Lui (…) ha parlato di mancanza di intensità. Ma l’intensità alla squadra chi la deve dare? Sei anni fa Conte, che aveva anche gente che giocava al contrario, ci mostrò qualcosa di diverso. A differenza di altri, io non voglio colpevolizzare nessuno, non mi interessa e non porta a nulla di buono. Nel calcio, come nella vita, si sbaglia e chi sbaglia non deve scaricare sugli altri, ma assumersi la paternità dell’errore. E eventualmente, se lo ritiene opportuno, chiedere scusa».

È evidente che ti riferisci a Spalletti.

Corvino: «Che in Germania non ha fatto lo Spalletti per come lo conosciamo e stimiamo. Può succedere, ci mancherebbe. Ha avuto solo nove mesi per entrare in un ruolo nuovo, quello di manager. Non possiamo sapere cosa abbia trovato. Il punto è un altro, troppe le cose che si dimenticano…».

«I grandi club vengono qui e fanno razzìa. L’aridità del nostro calcio non deriva dalle politiche del Lecce, ma da quelle della Federcalcio e della Lega, dei club. E non da ieri. Deriva dalla mancanza di strutture, campi, centri di addestramento e dall’impreparazione degli allenatori del settore giovanile. Manca anche la volontà da parte della federcalcio di imporre percentuali dei ricavi da destinare alla formazione dei giovani».

Cosa avresti voluto ascoltare?

«Avrei voluto che l’allenatore e i responsabili federali si fossero esposti ammettendo di aver sbagliato. Altro che inseguire colpevoli esterni, basta con la litania degli stranieri che portano via il posto agli italiani. I giovani italiani bravi ci sono e vincono europei e mondiali di categoria. Noi siamo diventati campioni del mondo nel 2006 quando vigeva la stessa legge sugli stranieri e le politiche federali non erano affatto diverse. Perché non dire “ho sbagliato, abbiamo sbagliato”? Ma chi vogliamo prendere in giro? Lascino in pace il Lecce e chi lavora bene. Negli ultimi trent’anni siamo l’unica società del centrosud ad aver portato, con italiani e stranieri, tre titoli nazionali. Un modello realizzato con la condivisone del presidente. Noi coltiviamo l’arte del fare, non l’arte del parlare. Vogliamo affrontare il tema della sostenibilità?».

Stai facendo tutto tu. Tocchiamolo.

«Il monte ingaggi è di 8 milioni e mezzo a patrimonializzazione, inoltre siamo la squadra più giovane d’Italia. E poi crescita del settore giovanile e delle strutture. Facciamo tutto il campionato con otto milioni e mezzo, capisci?».

Il tuo Vlahovic, da solo, ne costa dodici.

«Mi hanno insegnato a non guardare in casa degli altri. Ma io sono per la reciprocità. A Lecce compro stranieri perché non voglio giocare con gli scarti delle grandi squadre».

 

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