Su Repubblica: «Eravamo una generazione di minatori non di fenomeni, ore e ore di allenamenti, Velasco distrusse la cultura degli alibi»
Fefè De Giorgi e Julio Velasco si sono ritrovati. Uno ct della nazionale di pallavolo maschile, l’altro della nazionale femminile. In passato uno era l’allenatore dell’altro. “De Giorgi, se lo ricorda ancora il Velasco ct?” Gli chiede Repubblica durante la sua intervista.
«Mi diceva: “Gioca a pallavolo, non giocare con la pallavolo”. Ero un palleggiatore, mi piacevano finte e controfinte. Quando esageravo mi faceva “E’Ferdy!”, con la e davanti al mio soprannome, e gli rispondevo “E’Giulio, ogni tanto, dai”. Ho vissuto una sola Olimpiade, a Seul ’88 con Carmelo Pittera, è chiaro che avrei voluto viverne qualcuna in più…».
De Giorgi, Velasco non la convocò nelle sue due edizioni olimpiche, ma con voi giocatori costruì una squadra indimenticabile.
«Bisognerebbe chiamarla Generazione di Minatori, altro che fenomeni. Facevamo ore e ore di allenamenti, siamo diventati quella squadra per la quantità di lavoro e di fatica in palestra fatta insieme. Poi la battaglia contro la cultura degli alibi che fece Julio, molto corretta per quell’epoca. È bellissimo che entrambi oggi alleniamo la nazionale, ci siamo abbracciati».
De Giorgi: «Nel nostro staff vogliamo spiegare ai giovani cosa significa la fatica»
All’inizio della sua avventura Velasco ha mostrato in ritiro un docu-film sull’intestino tenue, per accrescere la cultura delle azzurre: era un divulgatore anche con voi?
«A parlare, Julio, ci stava tanto… (ride). Lui è sempre stato dotato di una grande cultura, la strada è quella: non mettersi a giudicare i giovani, ma chiedersi cosa si può dare loro per migliorare gli aspetti più spinti della loro generazione. Nel nostro staff vogliamo dare gli strumenti a ragazzi che col digitale hanno tutto subito, e quindi dobbiamo spiegare cosa significa conquistarsi un traguardo, provare la fatica. Quando cominciano a praticare alcuni valori i giovani ci provano gusto, perché vogliono crescere».
La sua gattina Grace segue le partite della nazionale ed è diventata influencer.
«Se vuoi dire qualcosa e vuoi che lo ascoltino, devi metterti accanto un gatto».
La famosa teoria dei gattini re dei social?
«Io sono un grande fan del presidente Mattarella, che ha rotto il protocollo per venire a fare i complimenti a me e
alla squadra dopo la finale persa a Roma. Sul mio account ho postato una parte del suo discorso, dedicata alla mia calma dopo la vittoria del mondiale 2022: ha fatto 400 mila visualizzazioni. Poi ho fotografato Grace con la medaglia d’oro al collo, e indovina quanto ha fatto? Due milioni e mezzo. O abbiamo un problema istituzionale, oppure i gatti sono pieni di follower»