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Flick è un allenatore, non un Messia venuto a salvare il Barcellona con un atto di fede (El Pais)

A Barcellona si sono fissati così tanto con il loro corpus teorico e con le loro scuse che si sono dimenticati della cultura del lavoro e della voglia di vincere

Flick è un allenatore, non un Messia venuto a salvare il Barcellona con un atto di fede (El Pais)
Db Bologna 04/06/2022 - Uefa Nations League / Italia-Germania / foto Daniele Buffa/Image Sport nella foto: Hans Dieter Flick

Hansi Flick ha il compito di riportare titoli a Barcellona. Non un messia, né uno che ha scelto il Barcellona per patriottismo o atto di fede. Flick vuole allenare e ricordare al Barcellona che bisogna essere concreti.

El Pais scrive:

Il presidente ha incontrato Koeman e poi non sapeva cosa fare con Xavi. Non è che fosse estraneo al passato, ma voleva un allenatore che fosse suo e in qualche modo nuovo, come Rijkaard nel 2003, preferibilmente tedesco, finché non ha trovato Flick. La domanda ora è se Flick saprà vincere anche con il Barça.

Flick è una scommessa di Laporta

La figura del tedesco sembra essere cruciale per Laporta per poter raggiungere il nuovo Camp Nou in pace dopo il calvario del Montjuïc. Flick al momento ispira più rispetto che ammirazione e il suo curriculum è tanto breve quanto brillante per il sestetto ottenuto con il Bayern, meglio come allenatore che come ct della nazionale tedesca. Si sa anche che il suo agente si chiama Pini Zahavi, lo stesso di Lewandowski, il giocatore che aveva preso le distanze da Xavi. Un dettaglio in più per sottolineare che si tratta di una scommessa di Laporta”.

Flick “simboleggia un metodo più che un nome, lontano dai personalismi e libero dal Dna azulgrana, dopo aver precisato di essere un allievo di Cruyff, un ammiratore di Guardiola e di non essere lontano dallo stile del Barça. Un modo per dire che è consapevole del peso simbolico del Barça piuttosto che vantarsi di esserne uno dei portatori, più disposto a conoscere che a raccontare, molto professionale e rispettoso, sapendo anche che i suoi predecessori tedeschi al Camp Nou sono stati Weisweiler e Lattek.

L’empatia non è in contrasto con le esigenze di un club che per molto tempo ha vissuto con una formula applicata a parole e non con un modo di intendere il gioco che richiede dedizione e una spiegazione migliore di quella del tiqui-taca, usato come scherno e che non ha nulla a che fare con il manuale dell’area metodologica del Barça. Il barcelonismo ha sacralizzato così tante espressioni del suo corpus teorico – “correre è da codardi” o “uscire e divertirsi” – che spesso si è dimenticato dell’allenamento, della voglia di vincere invece di ricorrere a scuse o cercare colpevoli, della cultura dello sforzo, del lavorare sodo, come ci ha ricordato Guardiola.

Un rituale che Flick ha iniziato a mettere in pratica in silenzio, in modo riservato e persino blando se si ascolta la sua presentazione nel grandioso Auditorium 1899. Anche se non si sa se vincerà, per il momento c’è la certezza che si tratta di un allenatore – buono o cattivo che sia – che allena e non di un messia o di un culé che viene in soccorso della squadra e del club in un atto di patriottismo, di fede e di servizio; tutte novità del Barcellona.”

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